Datazione del mondo normale. Dieci inediti su L’Ulisse n.15

Creato il 24 gennaio 2012 da Vivianascarinci

L’Ulisse n.15 DATAZIONE

Dall’editoriale di Italo Testa

Il numero 15 de L’Ulisse prosegue il ciclo di indagini sulle metamorfosi delle forme e dei generi poetici contemporanei dedicate nei numeri scorsi al teatro di poesia (n. 9-10), alla lirica (n. 11) e quindi alla prosa poetica (n. 13). Mettendo a tema questa volta “La forma del poema” non ci siamo interrogati però solo sulle mutazioni contemporanee dell’epos. L’attenzione per l’organizzazione poematica del discorso in versi, infatti, ci pareva offrire un punto d’osservazione privilegiato su quel fenomeno di incrocio dei generi che è sempre più avvertibile nella poesia contemporanea e che muove da un’esigenza diffusa di allargamento degli orizzonti di ciò che può essere detto in poesia. Per questo motivo L’Ulisse si rivolge sia alla diversificata fenomenologia delle strutture poematiche (poema, poemetto, long poem, romanzo in versi, serie, ciclo, sequenza per frammenti) sia all’organizzazione macrotestuale del libro e dell’opera di poesia, con un’attenzione privilegiata per gli ultimi tre decenni. (…)

Datazione del mondo normale

27 agosto

questo continuare negli occhi
che purezza rifulgeva
questo chiamare in viso occhi
che purezza resisteva

a parità di sguardo
una sperequazione insostenibile
la dinamica del sentire
piombata da mille spaventi
l’indifferenza che fa il viso
l’indifferenza che fanno le parole
stando ferme al loro stame

se io fossi te amerei, farei solo l’atto
che fosse sbagliando sapendo solo alla cieca
il movimento inabissato
il fondale vivente
una spanna d’aria

28 agosto

dice che oggi le cose sono procedute
per proclami di quello
che le spinge a essere Dice che
rinunciare le rende cattive
e non rinunciare le rende così vigliacche
da avvilirti di più

l’impotenza serve correnti
danza in vena mobilissima la sua luce
processa una furia oculata, un fittone
capace di raggiungere il cuore della terra
e toccarlo per avvelenarsi

senza scampo l’amore
è meno vivente, recede
la sua prudenza millimetrica
infondo a molte cose che non si sanno
e si riconoscono così sole da vedersi per prime

29 agosto

la reazione solforica
muove la scena
per grandi blocchi

tirarsi appresso
un bambino ammutolito
è come vagare sentendo
un lontano bisogno
di tornare dal viaggio
in cui lo perdevi

rifiutare dividere
negare catalogare
arrestare un attimo prima
di avere capitolato

passare da qui, mantenere
segreta e covata esattezza
nell’errore

5 settembre

questa datazione del mondo normale
questo millimetrarsi in corpo
altezze elargite dal caso
la fausta intolleranza
delle procure che mi affliggi
scegliendomi ogni volta il nome

io condanno
e somministro la procura
di crederti fino
l’inesistenza del dono:

credere all’innocenza
di non crederti innocente

rispondere di credere creduta sempre
quell’innocenza

averla creduta riparare qualcosa
di fondo in opera con l’innocenza
del non innocente

credere con calma ai segni
che la inesistono e al suo preciso
essere illogica che non può
essere solo specchiarti

questa mancanza alle pratiche
deve essere innocente

una specie di fiotto che deduce importanze
da una derrata commestibile
i Campi Elisi di una libagione invenduta
dove ci troviamo alle volte
armati, a non bere

10 settembre

cerco un luogo
compatibile a questo consumo
come un cancro adattabile
alla quiete di un’ingiuria motivata
il pochissimo male che conservo
guantato nello sterno effigia
ogni respiro e non
è facile all’esproprio questo
lessico che unge l’arnese
la vulva bianchissima e aneddotica
delle fiabe promesse al macello

18 settembre

pensavo di coglierti
l’esattezza ricolma di espedienti
pesavo il flusso invisibile
esposto dentro, rivolto a filo
intessuto contrariamente
giacché lo vedessi inviolato
esistente in ovvie perifrasi
di cui il sogno era
una cartina di tornasole
l’eclissi di un conio avvenuto
in tua assenza credula

18 settembre

le loro persone per quanto esseri
di convinta dolenza le vedo esistere
non rinunciare lo scarto alterno
le cose, l’aria che le trapassa
e le fa sospirose mietiture
larvali giacenze non in atto la genesi
delle cose, non ancora cose dette
compiaciuti assemblaggi
di là dall’altrove che le esiste pur non
esibendole in immensa parte
e sopravvivendole discordi

18 settembre

l’armonia è confitta al segno
violaceo, al livore frammisto
l’alterco che picchia il capo
contro l’uscio, come fosse l’osso
smagato del corpo senza mente
che assottiglia il varco tra i mondi

18 settembre

capisco che è un fatto
non vedersi che una particella
della propria dimensione
pulviscolari un miglio
di netta percorrenza
affabulate le direzioni
sovrastanti l’udibile, invasati
da un assunto stento, nominali


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