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David and me

Creato il 18 settembre 2011 da Cinzialuigiacavallaro

Ho letto David Copperfield a Londra negli anni ’80 perché rientrava nel piano di studi.  Ho dovuto leggerlo più volte perché, in lingua originale, non era un testo facile e di pronta comprensione. Di certo mi ha costretta ad andare oltre il significato del testo ed è stato un utile esercizio per comprendere che cosa fosse un romanzo. In questo testo c’è la vita nel suo primo significato, e dunque mi ha sbalordito, commosso e anche divertito. Erano buffi e quasi esilaranti Mr. e Mrs Micawber e, per contro, strazianti le pagine della morte della mamma di David. Alla fine il bene ha la meglio e, per questo e non solo, si sono spesi fiumi di parole sulla convenzionalità dei sentimenti di Dickens e sul suo moralismo. Io non sono d’accordo su questa definizione: l’ho apprezzato molto perché appartiene a quegli autori classici che possono trasmettere solo valori eterni, al di là della collocazione temporale e della società dell’epoca. Piuttosto, lui conosceva molto bene le zone d’ombra della vita e le sapeva descrivere con grande maestria.  È una scrittura, la sua, che ti travolge; e mentre leggi non ti rendi neppure conto di come racconta la storia, a meno che non si sia costretti ad un’analisi testuale come quella che feci per esigenze di studio.

E meno male, perché una cosa l’ho capita, allora così come nelle ormai passate settimane di vacanze estive nelle quali l’ho riletto a tratti: lui era davvero un Autore, dunque uno scrittore con stile cristallino, unico e profondo. L’altra cosa è che, leggendo con attenzione un testo simile, arrivati alla fine si capisce di avere tra le mani un Romanzo vero, appunto anch’esso con la lettera maiuscola. Memorabile. E utile per chi scrive. Se capisci e apprezzi un libro così, ti è ben chiaro com’è strutturata e narrata al meglio una storia e perché si scrive:

It is no worse, because I write of it. It would be no better, if I stopped my most unwilling hand. It is done. Nothing can undo it; nothing can make it otherwise than as it was. [vol. 3; pag. 21]


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