Ci furono tempi in cui dischi così erano all’ordine del giorno. Il 1967, per esempio, o il 1978. Ma poi se n’è perso lo stampo. Bowie stesso per registrarlo ha dovuto prendere una rincorsa lunga dieci anni (ma anche molto di più se si considera che hours è del ’99, Tin Machine del ’89, Let’s Dance dell’83). The Next Day è un album doppio in studio, l’ultimo di un gloriosa formato che ha rappresentato lo zenit per molti artisti, da Dylan (Blonde on Blonde) ai Beatles (White Album), Stones (Exile), Clapton (Derek & the Dominos), Springsteen (The River), Clash (London Calling).
The Next Day è un album di canzoni. Canzoni aliene, fantascientifiche, diverse, oblique, nelle melodie e negli arrangiamenti, ed in questo il fantasma di Brian Eno è in convitato in pietra, il grande assente presente in ogni brano. Ed il disco Heroes (rievocato nella copertina, oscurato solo dal nuovo titolo) è lo stampo, fumante, industriale, metallurgico, post-moderno. Il suono stesso è post-moderno, compatto, solido come un wall of sound low-fi senza sfumature e senza separazione fra gli strumenti, tutti fusi in un unico pezzo.
(continua)