Magazine Cultura

David e Leigh Eddings: Polgara la maga

Creato il 23 aprile 2014 da Martinaframmartino

David e Leigh Eddings: Polgara la magaAlcuni libri non invecchiano con il trascorere degli anni. Li si rilegge e si provano le stesse emozioni, anche se si sa già quel che capiterà. A me succede ogni volta che rileggo un romanzo di Guy Gavriel Kay. Altri mostrano nuove sfaccettature. Nelle grandi saghe capita così: gli scrittori nascondono dettagli, anticipazioni di quel che avverrà, e li si riesce a capire solo alla seconda lettura, o magari alla terza. Con Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin o con La Ruota del Tempo di Robert Jordan è così.
Non che Kay non sveli nuovi dettagli, ma lui per me si aggancia sempre alle emozioni. Non che Martin o Jordan non siano capaci di toccare i miei sentimenti, ma loro nascondono una quantità incredibile di dettagli lasciandomi sempre stupita per gli incredibili intrecci che sono stati capaci di realizzare.
I libri nati male non contano. Li si legge una volta, sempre che si riesca ad arrivare alla fine, e poi li si dimentica piano piano. Ma ci sono anche gli altri libri, quelli che si sono amati la prima volta e che non reggono al trascorrere del tempo.
Polgara la maga di David e Leigh Eddings, purtroppo, appartiene a quest’ultima categoria. Lo sapevo prima di iniziare la rilettura, avendo riletto da poco Belgarath il mago degli stessi autori non avevo troppe illusioni al riguardo, e purtroppo i miei timori si sono concretizzati. Prima o poi rileggerò anche gli altri libri, Belgariad, Mallorean, Elène e Tamuli, non i più recenti, che non avevo apprezzato neppure la prima volta. Spero che con loro andrà meglio, anche se al momento non ho fretta di scoprirlo.
David e Leigh Eddings: Polgara la magaEddings, e uso il singolare perché anche se gli ultimi libri hanno la doppia firma la mia mente fatica ad accettare Leigh come coautrice, non è mai stato particolarmente originale. Nel Segno della profezia l’inizio è chiaramente debitore non solo di J.R.R. Tolkien ma pure di Terry Brooks, ed è il motivo per cui in un primo momento ero diffidente nei suoi confronti. Poi secondo lui io ho abboccato a tutti gli archetipi che ha disseminato nella storia, io so di aver iniziato a divertirmi, e certe cose hanno smesso di importare.
Ora ho più esperienza e il genere si è evoluto, e penso che entrambe le cose siano importanti. Non gradisco tutti i cambiamenti che sto vedendo nel fantasy ultimamente, a volte sono infastidita dai libri che vengono pubblicati e non perché sono libri scadenti. Essere infastiditi da un libro scadente è normale, esserlo da qualcosa di cui si riconosce la qualità, o sulla cui qualità ci si interroga, è meno simpatico.
Eddings ha un approccio molto disincantato al fantasy. Nel Codice rivano ha dichiarato che scriveva per soldi, anche se io in questo momento sono vittima di un attacco di pigrizia che mi impedisce di alzarmi, andare nell’altra stanza, prendere il libro e trascrivere la citazione precisa. Nulla di male a scrivere per soldi, entro certi limiti la cosa è perfettamente lecita. Ma cosa succede se si scrive per soldi qualcosa che, per ammissione dello stesso autore, è minestra riscaldata? Eddings ha definito così Il signore degli anelli e poi, visto che vendeva, ha scritto un’opera che per parecchi aspetti è molto vicina al Signore degli anelli.
David e Leigh Eddings: Polgara la magaAnni fa mi pareva che la cosa reggesse, almeno in tutti i libri esclusi gli ultimi cinque (La redenzione di Althalus e La saga dei Sognatori). Il codice rivano fa storia a sé, quello non è un vero libro, sono i suoi materiali di lavoro, testi noiosissimi da leggere ma indispensabili per ogni aspirante scrittore fantasy per capire che se si vuole che la propria storia stia in piedi bisogna costruire un mondo in cui ambientarla. Fino alla prossima rilettura concedo il beneficio del dubbio a quei primi libri e mi tengo il ricordo del divertimento. Belgarath il mago e Polgara la maga però sono davvero bruttini.
I due libri narrano la storia di qualche migliaio di anni nel mondo creato da Eddings stesso. La suspance per certi versi è scarsotta, sappiamo benissimo che i nostri eroi arriveranno vivi e tutti interi alla fine. Il dettaglio del tutti interi non mi pare da poco, sia nell’ultimo libro che ho finito che in quello che sto leggendo ora c’è qualcuno che ci rimette una mano e no, non sono le due mani di cui mi può essere già capitato di parlare in questo blog. A leggere storie così (ma riconosco che uno è un personaggio secondario) vedere un libro in cui tutti arrivano alla fine tutti interi sembra un po’ strano, ma è uno dei tanti segni che il genere sta cambiando. Spero solo di non dover salutare troppe mani nei prossimi libri che leggerò.
Va bene, una certa suspance non c’è, ma è nella natura dei prequel, e questo per me non è mai stato un problema. I problema è che i nostri amici sono troppo forti, possono fare tutto quel che vogliono, e se non lo fanno è solo perché le regole dicono che non si può fare. E tutti, da bravi scolaretti, ubbidiscono.
David e Leigh Eddings: Polgara la magaDeve accadere così” (pag. 414) dice un personaggio, e Polgara non solo non fa quello che per lei sarebbe naturale fare, ma non fa neppure domande in proposito. No, troppo comodo così, ho stroncato un romanzo di qualche mese fa per questo modo di accettare le imposizioni esterne senza discutere, non posso perdonarlo ora a Eddings solo perché il suo libro ha quasi vent’anni. “Questo è uno degli accadimenti destinati a succedere, e non possiamo interferire” (pag. 281). Ma per piacere! Io interferisco quanto mi pare, o almeno inveisco con questo modo di scrivere. E frasi di questo tipo infarciscono il libro. Un altro esempio? “«Questo deve accadere, figlio mio», gli disse. «È una parte necessaria dello Scopo che tutti ci guida.»” (pag. 143). Del resto in Belgarath il mago era riuscito a far chiacchierare tranquillamente i personaggi sul fatto che fosse appena finita un’Era, quella delle profezie (nome inventato da loro) e che quindi ormai avevano tutte le istruzioni che gli servivano. Come dire: la storia si conforma ai loro voleri.
David e Leigh Eddings: Polgara la magaAtteggiamento poco serio da parte dello scrittore dunque. Ripetitività, perché molte cose sono narrate in entrambi i libri. Anche questa è una cosa che si può fare bene, se si è capaci, ma che comunque può funzionare solo per un tempo limitato. Quando George R.R. Martin narra determinati avventimenti nel Dominio della regina attraverso gli occhi di un personaggio, e poi li narra nuovamente nei Guerrieri del ghiaccio attraverso quelli di un altro personaggio, io sono ammirata per le sue capacità. Intanto è solo un capitolo, non un intero libro, quindi non stanca. E poi il capitolo inizia in due modi diversi visto che narra le vicende di due personaggi diversi, e nella seconda versione preosegue includendo una scena grandiosa alla quale il primo personaggio non ha potuto assistere. Soprattutto noi proviamo i sentimenti dei due personaggi, e capiamo come per persone diverse le stesse parole possano avere significati diversi, o vediamo come ciascuno rimanga aggrappato ai suoi segreti anche se questo fa male a entrambi. In Eddings non è così, i punti di vista sono praticamente intercambiabili. Non cambia il tono. Va bene, in un caso a dire “io” è un uomo, in un altro è una donna, sua figlia, ma a parte questo non ci sono differenze significative, il che significa che i libri sono ripetitivi.
La seconda volta Eddings aggiunge o taglia alcuni dettagli, ma questo non basta a rendere la storia affascinante.
David e Leigh Eddings: Polgara la magaSono romanzi lunghi qualche migliaio di anni. Alcuni secoli volano troppo in fretta, con eventi citati talmente di corsa che non c’è verso di distringuere Ran Borune VII da Ran Borune XVI, e se i numeri citati da Eddings non sono questi pazienza, tanto chi distingue quei tizi? In altri si procede con una lentezza esasperante. Dovevano proprio essere immortali e protagonisti di due storie così lunghe Belgarath e sua figlia? E noi dovevamo proprio sciropparci tutti i dettagli della loro vita? Tolkien non ci ha mai raccontato cosa faceva Gandalf prima di andare a coinvolgere gli hobbit nelle sue avventure. Un racconto che lo vede protagonista c’è, ma forse solo uno e certo non tutta la storia della Terza Era. Quella è raccontata in un altro modo giusto un po’ più serio.
Va bene la leggerezza, ma la leggerezza nel tono della narrazione, non quella di scrivere una storia inconsistente. Davvero, questo libro non ha superato la prova del tempo.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :