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Un paio di giorni fa ho notato come la gente non veda e non comprenda quanta ironia c'è nei film di David Lynch. I più credono che le sue opere si limitino al weird, al mistero, all'oscurità e non fanno caso al grottesco, all'ironico, persino alla commedia che permea le opere del Maestro americano. Persino parlando di Twin Peaks molti non fanno caso alla forte vena ironica e sarcastica che percorre questa serie Tv. Sinceramente la cosa mi lascia basito. Perché è proprio questo lato della cinematografia di Lynch che bilancia l'oscurità che aleggia nelle sue opere e che, altrimenti, risulterebbe insostenibile. Non sempre, ovviamente, ma quasi.
Credo che questa ambivalenza sia riconoscibile soprattutto in uno dei film del regista, ovvero Velluto Blu (che ho già recensito qui), in cui il contrasto ironia/violenza si fa palese. Anzi, l'ironia qui viene portata agli estremi, iperbolica di una quotidianità che Lynch vede ironica - anzi, grottesca - per natura e che si contrappone al lato oscuro di una realtà malata, crudele, violenta. Jeffrey Beaumont è il ragazzo qualunque, uno di quelli pronto a mettersi in ridicolo per far ridere una ragazza, ed è il protagonista figlio di questo dualismo: da un lato studentello curioso e interessato ai misteri di una realtà altra dal suo piccolo mondo di ragazzo della media borghesia, dall'altro affascinato da un universo sporco e corrotto rappresentato vuoi da Dorothy Vallens (che lo dice espressamente: gli ha mischiato la sua malattia) vuoi da Frank Booth, il male che si tinge di tinte caricaturali e si carica di un ruolo simbolico: la pericolosità di una follia fanciullesca. Frank è il sadico malvagio che nell'atto di concretizzare le proprie perversioni si finge e (spesso) si comporta come un bambino.
Lynch stesso ammette che in Velluto Blu certi risvolti ridicoli e infantili servivano a dare il giusto equilibrio ad un racconto che altrimenti sarebbe risultato insostenibile. L'innocenza di pascoliana memoria che si scontra con un mondo di farabutti figli di puttana, ingiusti, folli e sgradevoli. Ecco, forse il paragone con Pascoli non è così eccessivo: si tratta comunque del fanciullino che scopre il mondo e lo guarda con occhi nuovi, pronto a viverlo e ad immergercisi. Per poi venirne contaminato fino a perdere la propria innocenza. Il momento della maturazione che per Lynch però non è qualcosa di negativo, perché ti permette di scoprire quel che si nasconde dietro il sipario o, come in una delle scene più rappresentative del film/poetica lynchiana, quel mondo brulicante e sgradevole (ma necessario) che si cela oltre il prato fiorito rappresentante il sogno americano.
Ma l'ironia è elemento necessario e fondamentale di un film tanto violento come Cuore Selvaggio, un pulp che ha influenzato persino Tarantino e gran parte del cinema contemporaneo. Perché in CS le scenette comiche ci sono e mitigano scene di violenza spropositata, sgradevoli o sanguinolente (ad esempio quella della rapina). Dove l'amore innocente e fanciullesco (ancora una volta questo termine pascoliano) descritto con la grammatica della favola, per propria natura carica di ironia e grottesco, si scontra con un mondo violento e senza speranza. Un'innocenza che sopravvive, corrotta ma non sconfitta. Anzi, consapevole. Cuore Selvaggio, nel suo tentativo iperbolico di raccontare una storia "classica", non può fare a meno di macchiarsi di vita in tutte le sue sfaccettature, compresa quella ironica. E per ironia non si intende comicità (anche se l'effetto comico è sempre dietro l'altro). Anzi, David Lynch raramente si concede alla forma comica o a quella tragica: i suoi drammi risultano spesso commedie dal lieto fine mai banale, nel caso di Cuore Selvaggio dalle tinte cartoonesche.
Credo che gli unici film del Maestro realmente tragici e spietati siano The Elephant Man, Fuoco cammina con me e Strade Perdute. Fuori contesto un'opera così poco lynchiana come Dune o Eraserhead e INLAND EMPIRE, esempi di arte visiva summa della poetica del regista, impossibili da classificare (eppure, anche loro, colmi di ironia fuori dagli schemi: basti guardare il finale di INLAND EMPIRE o certe scene surreali di Eraserhead).
Al contrario, persino l'incubo Mulholland Drive col suo finale negativo e terrificante, con i suoi momenti da cinema horror autoriale, non rinuncia mai a siparietti comici necessari a caratterizzare personaggi e situazioni che, seppur in un film dalle tinte oniriche, richiamano la vita per quello che è: spietatamente spensierata, ricca di situazioni pronte a strapparti una risata. Perché il confine tra sorriso e lacrime è labile, molte volte impossibile da distinguere. L'evoluzione di quanto raccontato ne I segreti di Twin Peaks, in cui l'elemento commedy tipico della forma sitcom si mescola ad un poliziesco giallissimo dalle tinte sovrannaturali. E' incredibile come in Twin Peaks l'ironia si intrufoli in scene tesissime e nerissime, come il lato cinematografico contamini elementi episodici tipici di un certo modo di fare tv prima di allora. Lynch in questo caso non solo usa l'arma ironica ma arriva a fare sarcasmo su un modo antiquato di fare TV, cambiandolo per sempre e inaugurando il serial come lo conosciamo adesso.
Infine c'è Una Storia Vera, delicato e atipico on the road che placidamente critica e racconta l'America contemporanea, con gusto agrodolce. Qui l'ironia è componente fondamentale per infondere leggerezza ad una storia che leggera non è. Anche qui l'innocenza, anche qui la scoperta di un mondo che però, per una volta, non è crudele se non nello sguardo (o la memoria) di chi lo osserva.
Lo sguardo di Lynch non è mai monocromatico, al buon David piacciono i colori e lui li cerca persino nel nero più profondo. L'ironia, in questo caso, è una tonalità del reale. E se non la riuscite a vedere, vuol dire che del suo cinema avete capito veramente poco.
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