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E anche i David sono stati consegnati.
Non è che me ne freghi qualcosa dei premi cinematografici, che siano italiani, americani, francesi o bulgari, ma serate come queste mettono in evidenza i rebus del cinema nostrano. Al di là delle scelte che riguardano i vincitori e i vinti, assolutamente opinabili, i problemi che riaffiorano sono senza dubbio più gravi, oltre che sempre uguali. La serata dei David, quella che dovrebbe celebrare(?) il cinema italiano, ha toppato per l’ennesima volta trasformandosi in una corrida per dilettanti allo sbaraglio; dopo le parole di Mereghetti questa serata poteva diventare qualcosa di più importante e invece niente. Si poteva riflettere sul concetto di cinema populistico e demagogico, sull’involuzione della nostra industria cinematografia, sul ruolo dei registi e del pubblico italiano, insomma si potevano affrontare argomenti più seri e concreti invece di urlare per l’ennesima volta “il cinema italiano è vivo”, “bisogna investire in cultura” oppure “il governo deve aiutare l’arte”. In pratica la fiera dell’ovvio.
Se le parole di Mereghetti hanno anticipato la serata di premiazione dei David probabilmente non sarà solo una coincidenza, ma uno stimolo, una sollecitazione al cambiamento o alla presa di coscienza. Insomma rendiamoci conto che il cinema italiano ha molti problemi, oltre quello dei finanziamenti pubblici, e il critico meneghino ha centrato il bersaglio. Spettava ai lavoratori dell’industria cinematografica italiana cogliere l’occasione per intraprendere un discorso più ampio, e invece nulla. Per l’ennesima volta siamo incappati nel tranello del buonismo, dell’ottimismo e del vittimismo.
I vincitori dei premi avrebbero potuto cogliere l’occasione per dar vita a un discorso più complesso e delicato, ma, complici i tempi televisivi, anche loro sono caduti nel vortice del buonismo più sfrenato, a parte rare frasi. Anche queste d’effetto, ma con poca sostanza.
Perché noi siamo fatti così, siamo tutti chiacchiere e distintivo. Ricordiamo che il cinema italiano è ancora protagonista in patria come all’estero, celebriamo i grandi del passato(questo ci riesce piuttosto bene!), rammentiamo che la Lodovini ha vinto un David per Benvenuti al sud, ma ci dimentichiamo delle parole di Mereghetti.
Allora vuoi vedere che è davvero tutto un magna magna!
Una serata di premiazione vecchia, frettolosa, indolente e spenta, in cui il cinema, diciamolo francamente, non viene celebrato ma stuprato. E non è una novità. Quello che traspare è che, quando si parla di premi, la retorica, l’autocommiserazione e l’autocompiacimento devono fare da padrone. Le frasi di contestazione di buttano lì per fare effetto e il premio si porta a casa con estrema tranquillità, dimenticando che il nostro cinema è ormai diventato vittima del botteghino e dei profitti economici. Delle parole di Mereghetti solo un leggerissimo eco. Senza dimenticare il trattamento riservato dalla televisione pubblica alla consegna dei David, ma che la commento a fare?!
Ennesime polemiche. Oltre tutto sterile. Che poi diciamolo, queste diatribe sono vecchie quanto i Taviani. Presi singolarmente. Di che ci lamentiamo allora? La manifestazione dei David è lo specchio dell’industria cinematografica italiana in fondo. E allora forse mi rincuora il fatto che Moretti non ne sia stato il trionfatore, ma lo scrutatore silenzioso. Chissà cosa avrà pensato seduto su quella poltrona, magari ne esce fuori un film, uno dei suoi capolavori. Come Habemus Papam.
Vai, Nanni! Vai e conquista Cannes, tu che puoi!
Stanis LaRochelle avrebbe affermato “Tutto questo è TROPPO ITALIANO, non va!”
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