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David Whitehouse – Buon compleanno Malcolm

Creato il 13 novembre 2012 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

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Malcolm è un bambino vivace e intelligente, e la sua famiglia si aspetta grandi cose da lui. Ma il giorno del suo venticinquesimo compleanno Mal va a letto, deciso a non alzarsi mai più. Il suo corpo si trasforma in una massa informe di carne e pieghe, imbottito dei pasti infiniti che la madre gli serve senza sosta. Attorno a lui cresce la curiosità morbosa dei mass media, mentre l’ex fidanzata, i genitori e il fratello cercano, in un modo o nell’altro, di dare un senso alla loro vita e alla folle ostinazione di lui. Buon compleanno Malcolm è il ritratto di una famiglia impossibile da dimenticare, un libro surreale sulla gioventù perduta e le aspettative tradite.

 

Libro difficile da recensire. Me li scelgo sempre bene, non c’è che dire. E’ difficile parlarne, sì, perché uno legge la trama e non ci vede un romanzo. Ci vede un’orrida storia adatta a RealTime. E invece no, è un romanzo bellissimo, un romanzo che parla di amore soprattutto, non l’amore banale dei tramonti, ma l’amore quello che catalizza le vite che ne sono travolte, l’amore che dà un senso, vero e profondo, a quello che facciamo. E’ un amore totalizzante e malato, è vero, ma è una forma d’amore che cerchiamo e al tempo stesso rifuggiamo. Malcolm decide di coricarsi e di non alzarsi più. E da quel momento diventa l’enorme ombelico del piccolo mondo che lo circonda, mondo che pare trovare un senso solo in lui, in Malcolm, a partire dal protagonista voce narrante (di cui non conosciamo il nome, bizzarro), fratello di Mal. Perché lo fa? Eh, chi lo sa. Perché non si è in grado di trovare un senso alla propria di vita, per rifuggire dalla banalità delle vite altrui, “non potevo restarmene a guardare e accontentarmi di una vita di verbi all’infinito. Risparmiare. Pagare. Fare figli. Lavorare. Ma vivere, quello mai.”

E’ un romanzo anche sul diventare adulti, sul crescere, sullo scendere a patti con le speranze infantili e giovanili, sulla cruda realtà del mondo dei cosiddetti grandi e in questo senso è un romanzo molto crudo, quasi spietato per chi ci sta passando; chi ci è già passato guarderà il tutto con tenerezza e comprensione.

Io avevo deciso di leggerlo perché (ebbene sì, sono monotematica) parlava di obesità, ma è un’obesità talmente estrema e rara (se non unica, Malcolm pesa oltre 600 kg) che l’argomento paradossalmente passa in secondo, terzo, quarto piano. Però c’è un paragrafo che mi ha colpito tantissimo, mi ha fatto arrabbiare prima e quasi piangere poi.

Obesità patologica. Patologica. Nessun’altra condizione umana è già preconfezionata e introdotta da un giudizio implicito. Questo perché, almeno tecnicamente, è una patologia autoimposta. Ciò implica l’esistenza di un altro tipo di obesità, forse di tipo giocoso, o obesità allegra. Il tipo di obesità che i single di mezza età con un buon senso dell’umorismo hanno per un breve periodo di tempo, prima che diventino così enormi – e quindi impossibili da amare – da essere classificati come morbosi. Se Mal fosse morboso oppure no, era difficile a dirsi. Obesità egoista sarebbe stata con ogni probabilità una definizione più appropriata.

Ognuno ha le sue debolezze, già.

Non è un romanzo banale, anzi, è un romanzo con una storia molto particolare che non sono sicura possa piacere a tutti, sia per le descrizioni abbastanza dettagliate dei problemi di Malcolm (che vi potete immaginare, pesando oltre 600 kg) sia perché è difficile coglierne il senso durante la lettura, tutto torna, come si suol dire, alla fine. E’ il romanzo d’esordio dell’autore che fa promettere benissimo per il futuro, questo è indubbio.



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