Davide batte Golia - La Fao cambierà volto?

Creato il 28 settembre 2011 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Alimentazione , Etica

La Fao cambierà volto?

C'era il sole (e la prima afa estiva) a Roma il 26 giugno scorso. Ma non nel palazzo in stile razionalista voluto dal Duce per il ministero delle Colonie africane, che ospita dal 1951 il quartier generale della Food and Agricolture Organization (Fao). Nell’aula delle sessioni plenarie, dove si stava eleggendo il nuovo direttore generale, c’era tutt’altro clima. Si respiravano tensione e stupore. L’elezione del brasiliano José Graziano da Silva ha chiuso i 17 anni del senegalese Jacques Diouf e ha colto molti di sorpresa. Tanto che, da subito, è circolata una domanda: che corso prenderà ora la Fao? A fare previsioni, si sa, c’è sempre il rischio di farsi smentire dai fatti.

Ma, la nomina dell’ex braccio destro di Lula, e il modo in cui è scaturita, spingono a correre quel rischio. Per più di un motivo: perché da Silva è il primo sudamericano al vertice dell’agenzia per l’Alimentazione delle Nazioni Unite in 66 anni di storia; perché la sua elezione ha i connotati di uno scontro alla Davide contro Golia, in cui il brasiliano, sostenuto dai Paesi in via di sviluppo, ha sconfitto per appena quattro voti (92 a 88) il candidato dei Paesi ricchi, l’ex ministro degli Esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos; perché (e forse questo è l’aspetto di maggiore curiosità), Da Silva nel suo Paese è noto per essere stato artefice dell’ambizioso programma Fame Zero, che ha salvato decine di milioni di brasiliani dalla povertà estrema.

Il tema caldo dell’agricoltura
A nutrire le maggiori speranze sembrano essere le Ong che, in modo più o meno esplicito, hanno mostrato fin da subito una certa simpatia per il candidato carioca. E sono da tempo preoccupate che il declino dell’organismo delle Nazioni Unite possa indebolire ulteriormente gli interventi per la lotta alla fame.
L’ultimo campanello d’allarme in tal senso si era avuto pochi giorni prima dell’elezione di da Silva: «In occasione del G20 sull’Agricoltura - spiega Alberta Guerra, Food policy officer di Action Aid International - è stato presentato il rapporto Agriculture Outlook 2011, prodotto non tanto dalla Fao quanto dall’Ocse, dal Fondo monetario, dalla Banca mondiale e dal Wto. Un segnale che, tra gli addetti ai lavori, molti leggono come un tentativo di ridurre il suo peso sul tema agricoltura». Attorno al quale ruotano interessi economici stellari: a fronte di 7 miliardi di consumatori, rivela un rapporto di Oxfam, ci sono 500 aziende che controllano il 70% dell’offerta di cereali, quattro compagnie (Dupont, Monsanto, Syngenta e Limagrain) sovraintendono a oltre la metà della vendita di semi e tre marchi (Cargill, Adm e Bunge) si spartiscono il 90% del commercio di mais, grano e frumento.
È plausibile che il neodirettore generale possa invertire la rotta? «La sua è una candidatura complessa», osserva Guerra.
«Che un esponente del Brasile, Paese in forte crescita, guidi la Fao è un segnale forte - continua Guerra - ma il Brasile stesso è una realtà complessa. Gli interessi dei produttori di biocarburanti possono farsi sentireCerto, da Silva è un grande esperto di agricoltura e malnutrizione. Ed è possibile che, con un Paese forte alle spalle, riesca a salvare la Fao dalla deriva tecnicistica che l’ha attanagliata negli ultimi anni per farle recuperare il proprio ruolo politico».

Le sfide di Graziano
Un ruolo politico che le Ong sperano sia usato per incentivare un cambio di rotta nelle politiche agricole: «Da Silva ha tre compiti davanti a sé», commenta Elisa Bacciotti, direttrice Campagne e cittadinanza attiva di Oxfam Italia. «Rimettere al centro degli interventi gli agricoltori di piccola scala e le donne; fermare l’insostenibilità dell’attuale metodo di produzione agricola mondiale; agire per riformare i mercati alimentari globali e porre un freno alle manovre speculative. Sfide che il G20 ha dimostrato di non saper affrontare».
La sfida del neodirettore Fao è di riuscire, attorno a questi tre nodi, a costruire un consenso tra gli Stati. Non tanto per attuare interventi dirigisti che intervengano direttamente sulla piaga-fame. «Piuttosto la Fao con da Silva può avviare un quadro di iniziative che agevolino gli Stati membri ad intraprendere strategie analoghe al Fome Zero brasiliano ma calate nelle realtà locali». Perché su una cosa nessuno discute: non c’è una ricetta preconfezionata che rimetta al centro i piccoli agricoltori. E non esiste un’unica soluzione alla fame nel mondo.


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