Davide Bortoluzzi, professione pastore

Creato il 10 gennaio 2013 da Tipitosti @cinziaficco1

La sveglia squilla all’ alba. Il tempo di un caffellatte e parte, anche se fuori c’è un sole che spacca le pietre o una neve alta vari centimetri. La sua giornata si conclude alle 20,30. Allora, stanco, deve pure costruire un recinto per le sue bestie. Ha imparato a non scoraggiarsi e ad avere pazienza. Trascinarsi dietro quattrocento animali, che ogni giorno devono anche attraversare i binari ferroviari, è una grande sfida.

Ma fare il pastore e, soprattutto, vivere da pastore, è un sogno che Davide Bortoluzzi, nato venticinque anni fa a Puos D’Alpago, in provincia di Belluno, sulle Dolomiti, insegue da quando aveva sei anni.

“Ricordo – racconta – che da bambino non amavo giocare alla play station, ma mi divertivo a correre dietro a greggi e pastori. Mi dava un senso di libertà. Quello che ho ritrovato alcuni anni fa quando ho lasciato la scuola, con grande dispiacere dei miei”

Al diploma di perito meccanico Davide ha, infatti, preferito il titolo di pastore professionista, riconosciuto dal Piano di Sviluppo Rurale, che gli ha permesso di avviare la sua attività.

“I finanziamenti – dice – sono arrivati nel giro di sei mesi. Ho beneficiato del primo, pari a trenta mila euro, con il quale ho comprato le pecore e risistemato una vecchia stalletta ad uso infermeria”.

Iniziare è stato complicato. Ma c’era la passione, forte, quella che l’ha spinto a dire di no ad un posto sicuro, ma troppo sedentario per lui, errante, nell’azienda di pannelli termoisolanti, dove suo padre fa il direttore.

Davide, ma perché non ha preso il diploma e ha fatto una scelta così “tosta”? Avrebbe potuto contare su un impiego tranquillo!

Ci ho provato. Ma non ero soddisfatto. Volevo respirare, vagare, sentirmi libero.

Ma come ha fatto da solo?

Sì, ha detto bene, ho fatto tutto da solo, perché nella mia famiglia non ci sono pastori. Ho improvvisato parecchio, ma anche imparato dai tanti, che sono nella zona, in cui ho sempre vissuto. E’ stato difficile partire. I tempi lunghi della burocrazia si scontrano con quelli degli animali, che non possono essere trattenuti a casa neanche per un giorno. Ecco, dividersi tra uffici e pascoli è stato per me molto stressante.

Oggi?

Beh, oggi ci sono altri problemi. Spesso la gente non vuole vedere animali pascolare sul suo terreno. Che fa? Ti caccia. E non le dico quanta pazienza ci vuole per non litigare con automobilisti ansiosi, che vanno in tilt quando devono attendere il passaggio di quattrocento pecore e capre e di quattro cani. Il fatto è che abbiamo perso la bellezza dell’attesa, dei tempi lenti.

Con lei, la sua ragazza, Daniela, che ha conosciuto l’unica volta in cui i suoi amici l’hanno trascinata in discoteca. E’ così?

Sì, con me c’è lei, a cui fotografi di un certo livello avevano proposto di fare la fotomodella. Ma non era la sua ambizione. Appassionata di animali, ha preferito vivere accanto a me una vita semplice, ma di grande libertà e dignità.

Ma non si concede mai una distrazione?

Solo raramente esco la sera con gli amici, ma solo quando ho finito con gli animali. Devo dirle la verità: a quell’ ora sono stanco e preferisco andare a letto o gustarmi la tranquillità della sera. Quando è estate, adoro osservare le stelle.

Quanto è tosto fare il pastore?

Fare il pastore non è un lavoro, ma uno stile di vita, che segue il corso delle stagioni. Non è facile alzarsi all’alba, soprattutto d’inverno, spostarsi per chilometri e cercare pascoli.

Ma almeno rende?

Fare il pastore non è uno dei lavori più redditizi, però, ti permette di vivere in modo discreto.

Ne vale la pena?

Solo se hai la passione.

Un pastore ogni tanto apre una finestra sul mondo, magari errando su Internet?

Certo. Ormai si è costretti a fare molte cose sulla Rete. Per esempio,  la registrazione delle pecore si comincia a fare per via telematica. Per questo, anche noi pastori dobbiamo essere aggiornati.

Progetti a breve scadenza?

Stiamo costruendo una stalla per sistemare gli animali nel periodo invernale, con annessi: sala mungitura, caseificio e punto vendita. Abbiamo iniziato da poco a mungere e produrre un po’ di formaggio. E’ Daniela che se ne occupa.

Non tornerebbe mai indietro?

Lo ripeto, ho guadagnato la libertà, anche se forse ho perso un po’ di spensieratezza. Beh, di problemi ne ho tanti. Ma in questo periodo di crisi ho dato un calcio al precariato. No, non cambierei mai il mio lavoro.

Mai un po’ di malinconia, mentre guarda i suoi animali che pascolano, soprattutto in certe giornate gelide o di pioggia?

Sì, certe giornate più malinconiche ci sono, ma le assicuro che hanno anche quelle un certo fascino. E poi questo è il mio lavoro. Della vita da pastore accetto tutto.

Si sente un tipo tosto?

Per i fare i pastori bisogna essere tipi tosti!

Un consiglio a chi, leggendo questa intervista, cominci ad avere voglia di seguire il suo esempio?

Beh, uno: si deve pensare che fare il pastore è una scelta di vita. Bisogna avere grande passione. Non c’è un giorno, neanche uno solo, in cui si possa pensare di staccare. Sì, è difficile, pesante, faticoso, ma con costanza e grande volontà, ci si riesce.

                                                                                                                           Cinzia Ficco


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