Fare di ogni erba un fascio è sbagliato, a maggior ragione se si pensa di poter includere in uno stereotipo più di un miliardo di persone. Tuttavia, dopo ormai un mese dal mio arrivo in India, posso dire di averne viste di tutti i colori. Un post omogeneo è difficile da scrivere e per questo vado per punti.
Gli addetti dell’hostel office. A loro ho dedicato un intero post e quindi mi sembra superfluo ripetermi.
Il droghiere. In campus c’è un negozietto di fronte alla mensa che vende di tutto, dalla carta igienica (bene molto prezioso) alle patatine. L’unica cosa che sembra proprio non avere sono le sim card. Nonostante ci sia stato assicurato che vende schedine sim, farne una in questo piccolo shop è mission impossible. Infinite volte mi sono presentato speranzoso che mi dicesse un sì, ma tutte le volte, indipendentemente dal mio tono di voce il risultato è stato il medesimo: head shake, faccia schifata. Morale, la sim l’ho fatta al Vodafone shop ufficiale fuori dal campus.
Per saperne di più sul body language indiano guardate qui: http://www.youtube.com/watch?v=3hCV2oO2akw.
La biglietteria dei siti Unesco a Badami e Pattadakal. In India nei siti turistici, ci sono tariffe diverse per indiani e stranieri. 10 rupie se sei indiano, 250 rupie (4€) se sei straniero. Noi nella categoria foreigners rientriamo fino ad un certo punto: il permesso di soggiorno, il visto, la student card ufficiale ci danno di diritto di “spacciarci” per indiani ed entrare in siti turistici a tariffa ridotta. Anche se 250 rupie sono comunque spiccioli, non ci diamo per vinti e decidiamo di combattere la burocrazia. L’attesa per entrare in siti pressoché deserti è mediamente di mezz’ora: la biglietteria non ci vuole fare entrare e noi non siamo disposti a sborsare 1 rupia di più. E’ diventata una questione personale.
L’addetto fa diverse chiamate, ispeziona meticolosamente le carte di tutti noi, richiama, ricontrolla: è veramente nel panico. Da un lato la possibilità di avere 2500 Rs. (250 per dieci ragazzi) al posto di 100, che valgono almeno come 2 settimane di lavoro; dall’altro lato la possibilità di ritornare ad oziare indisturbato dietro al bancone. Alla fine cede e riusciamo a entrare a tariffa ridotta.
Dopo Badami, il primo sito visitato, la stessa solfa si è ripetuta anche a Pattadakal. In questo caso avevamo anche il biglietto di Badami come ulteriore riprova della nostra “indianità”! Tuttavia non c’è stato niente da fare …questa entrata te la vogliono proprio fare sudare.
Gli studenti in campus. Strani li definirei, difficili da capire. Sembra che non dormano mai, i group meeting iniziano non prima di mezzanotte, ma spesso anche alle 2 di notte. Li senti ridere sguaiatamente nel mezzo della notte o ascoltare Enrique Iglesias o i Backstreet Boys a tutto volume nel mezzo del pomeriggio: sembra che facciano quel che vogliono non curanti degli altri. Come riescano ad annullare qualsiasi differenza tra notte e giorno, è qualcosa che devo ancora riuscire a capire.
Non escludo che entro la fine del semestre, ci sarà un nuovo post: Dealing with Indians – part II.
Stay Tuned
G.