Magazine Cultura

De Cataldo torna criminale: Io sono il Libanese

Creato il 31 agosto 2012 da Frailibri

Giancarlo De Cataldo, Io sono il Libanese – Einaudi Stile libero Big (2012), 136 pagine, 13 euro

Me ne stavo sdraiata al sole in una piccola spiaggia prospiciente il porto di Messina (provate voi a fare il bagno accanto agli scarichi delle navi traghetto) e leggevo l’inserto La lettura del Corriere della Sera. Un lungo articolo parlava – anche – del libro che stavo leggendo, Io sono il Libanese di Giancarlo De Cataldo. Guido Vitiello si riferiva a De Cataldo, ad alcuni programmi televisivi e ad alcuni giornalisti come “lupi del circo mediatico-letterario” che sfruttavano il caso della Banda della Magliana fino all’osso e a loro piacimento. E chiudeva, a effetto, così: “De Cataldo, va da sé, non ne ha colpe: ha solo ideato una bella trama alla maniera della «trilogia americana» di James Ellroy. Ma nel Paese di Ellroy, dove spesso si raggiunge una memoria condivisa della storia nazionale, raccontare l’«underworld» aiuta a colmarne i vuoti e le omissioni. In Italia la luna mostra solo la faccia in ombra, e i lupi del circo mediatico-letterario possono fare senza disturbi il loro banchetto” (tutto l’articolo – si può non essere d’accordo, ma vale comunque la pena leggerlo – qui).
Lasciando stare il paragone con Ellroy, il cui contesto e intento credo fossero ben diversi, ma io dico, perché, perché mai quando una casa editrice non produttrice seriale di monnezza (anzi, tutt’altro) pubblica un libro commerciale c’è sempre qualcuno che arriccia il naso come se fosse esplosa una fognatura proprio sotto la sua scrivania? E poi, non è stato proprio De Cataldo a piantare il primo tendone di questo circo mediatico? Avrà pure diritto di fare un altro tour, no?

De Cataldo torna criminale: Io sono il Libanese
Io sono il Libanese non cambierà le sorti della letteratura mondiale, non vincerà il Nobel, ma mi spiegate che male c’è a pubblicare un romanzo che accontenti tantissimi lettori (azzarderei a dire tutti): breve, scritto benissimo, con uno stile e una costruzione narrativa a cui può star dietro solo un Autore come De Cataldo, capace di scrivere qualunque tipo di storia in maniera egregia; un romanzo che racconta una vicenda appassionante, avvincente (un ragazzo della periferia romana che vuole diventare “Imperatore” mangiando la polvere della strada con la pistola in mano piuttosto che sposando una ricca ragazzina dei Parioli) e costituisce il prequel (e nello stesso tempo potremmo considerarlo anche uno spin off) di un romanzo (Romanzo criminale) che ha appassionato migliaia di lettori (e di spettatori).

Ammetto di avere, in più di un caso, immaginato (ma è inevitabile) Francesco Montanari indossare il suo ghigno e parlare direttamente dalle pagine che raccontano passo passo la storia del Libanese, dal carcere alla scelta di fondare una Banda che mettesse a ferro e fuoco Roma e sbaragliasse la “concorrenza” delle mafie del Sud Italia.
Pur conoscendo l’epilogo della storia, te la godi pagina dopo pagina, in una lettura intensa e veloce (si “beve” in un paio di giorni, ma ti rimane ben più a lungo in testa).

Vi ricordate il monologo di Trainspotting, quando Mark Renton fa un bilancio della sua vita tranquilla, normale, con un bel televisore, un divano su cui seguire, rincretiniti, stupidi quiz televisivi? In quel monologo lui era decisamente sarcastico sulla svolta che la sua vita da tossico delinquente avrebbe preso.
Il Libanese ha le idee più chiare e le rende chiare a tutti: “Meglio morire sulla strada che sul divano”. Qui il suo desiderio di lotta, di autoaffermazione, che lo trasformerà in un tenebroso cinico, con un fascino enorme e sogni di gloria. Che poi quei sogni siano finiti su una strada polverosa e senza gloria non importa.

L’importante, in questa storia, non è l’arrivo, ma il primo tratto di strada.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :