Tra i tanti sottovalutati che i sopravvalutati hanno ingiustamente oscurato c’è Bartholomaeus Spranger (1546-1611), sul quale un giorno, forse, scriverò una monografia. Lo incontrai tanti anni fa a Vienna e da allora, di tanto in tanto, mi torna sotto gli occhi, a ripulirmeli degli effetti speciali del Caravaggio, dei tronfi tripudi del Veronese, degli stentorei epistotoni del Buonarroti. Sensuale senza snervature, lo Spranger è classico e moderno, e soprattutto – perciò vergo questo appunto – è il più grande ritrattista di mani prima del Tiepolo. Le sue dita parlano, e non per chiavi o simboli: direi che siamo davanti a mani che rilevano sentimento. Qui sopra, un suo autoritratto, eloquentissimo del carattere. Sotto, alcuni particolari in attesa di adeguata didascalia.
Cerere e Bacco (1590)
Venere
nella fucina di Vulcano (1610)
Venere
e Adone (1597)
Giove
e Antiope (1596)
Vulcano
e Maia (1585)
Venere
e Mercurio (1585)
Salmaci
e Ermafrodito (1582)
Venere
e Marte messi in guardia da Mercurio (1587)
Ulisse
e Circe (1585)





