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De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Creato il 01 maggio 2011 da Socialmediares

In Asia e Africa è boom di cosmetici sbiancanti e chirurgia estetica etnica, specializzata, cioè, nell’occidentalizzazione dei tratti somatici.

Se è vero che l’imposizione di un unico canone di bellezza riguarda tutto il mondo, come testimoniano il business globale della esthetic surgery e la preoccupante diffusione di disturbi alimentari quali anoressia e bulimia, il culto della perfezione fisica nei Paesi orientali e africani  ha subito negli ultimi anni una drammatica degenerazione.

Quando si parla di razzismo si propende a contestualizzare il fenomeno in Occidente, senza tener conto che in uno Stato come l’India, tra le potenze economiche che svolgeranno un ruolo di primo piano a livello internazionale nel prossimo futuro,  ancora oggi l’appartenenza ad una casta è spesso dettata dal colore della pelle.

La discriminazione razziale nelle ex Colonie è una realtà di cui si parla poco, per assecondare il grande mercato che vi dietro.

Le radici concettuali della carnagione diafana come pura, vergine e positiva sono ovviamente antiche e collegate all’interpretazione spirituale del bianco nell’iconografia di tutte le religioni.

Tuttavia la globalizzazione ha contribuito ad alimentare queste credenze vetuste, attraverso i regimi culturali che essa ha imposto in queste regioni, spodestando o influenzando i sistemi locali.

È soprattutto il corpo femminile a subirne le conseguenze. Così assistiamo a casi di donne pakistane, cinesi, thailandesi disposte a ricorrere ad aggressive creme sbiancanti, a volte molto pericolose per la salute, pur di compiacere il volere dell’uomo e i suoi modelli estetici.

In particolare, i corticosteroidi topici e l’idroquinone, agenti chimici basilari in questi tipi di prodotti, possono causare bruciori, acne, ma anche diabete e gravi disfunzioni ormonali fino alla sterilità.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Altrettanto allarmante è la situazione tra gli immigrati di colore, soprattutto spagnoli e francesi.

Secondo un’indagine promossa dal comune di Parigi, circa il 20% delle donne di origine africana che abitano nella capitale, utilizza cosmetici illegali e dannosi per schiarire la pelle.

Nasce così nel 2009 la campagna ”Séduire oui, se détruir non”, “Sedurre sì, distruggersi no”, promossa dal gruppo comunista del consiglio parigino, e indirizzata alle giovani donne di colore, affinché riacquistino consapevolezza del proprio aspetto e conoscano i danni della depigmentazione epidermica.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle
De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Sono stati affissi manifesti e diffusi opuscoli informativi in tutti i luoghi più frequentati dalla comunità afro, ed infine il 7 novembre ha preso vita, nel 18 arrondissement, l’evento “Beauté ébène” “Bellezza color ebano”, con la partecipazione di volti noti dello sport, come i pluricampioni mondiali di box francese Aya Cissoko e Enoch Effah.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle
De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

L’ossessione per i tratti caucasici viene alimentata ad hoc dalle grandi aziende di cosmetici.

L’Oréal è stata condannata nel 2007 per discriminazione razziale, e sono innumerevoli le procedure penali che coinvolgono grandi aziende e riviste patinate per l’uso sfrenato del fotoritocco, al fine di “correggere” i caratteri etnici e omologare i soggetti, maschili e femminili, allo standard occidentale.

I due seguenti spot thailandesi della linea whitening Nivea hanno come protagonisti degli uomini, a dimostrazione che il fenomeno coinvolge ambo i sessi.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle
De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Si noti come il modello del primo video abbia tratti somatici etnici minimi, quasi impercettibili, mentre nel secondo caso i testimonial sono occidentali.

Il prossimo filmato, trasmesso dalle televisioni giapponesi, promuove una marca di prodotti schiarenti.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Il bianco domina la scena. La casa, l’abito della ragazza, il suo viso d’alabastro, unite all’elemento dell’acqua, riconducono all’archetipo di purezza.

Talvolta la discriminazione è esplicita, come nel caso del prossimo spot, che pubblicizza la crema Skin White, e il cui slogan finale è “Defy color”, “Sfida il colore”.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Ci sono poi numerosi trattamenti d’urto, che promettono effetti immediati miracolosi.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Vediamo una giovane ragazza indiana che dichiara di aver risolto le proprie insicurezze adolescenziali, che nello spot vengono attribuite esclusivamente alla sua pelle scura, grazie al rimedio-flash, efficace in sole 8 settimane, di depigmentazione.

Per quanto riguarda la chirurgia estetica etnica, il Giappone è al primo posto, seguito da vicino da Cina e Corea del Sud.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Gli interventi più richiesti sono quelli di blefaroplastica, ovvero la correzione dell’occhio a mandorla attraverso la sollevazione della palpebra, il riempimento degli zigomi e l’assottigliamento del mento, mentre tra le comunità africane sono molto diffuse la cheiloplastica riduttiva, per ridimensionare il volume delle labbra, e la rinoplastica, per occidentalizzare il naso negroide.

Nel nostro Paese è totalmente assente una campagna sociale che si occupi di questo problema, e nel resto del mondo è comunque sottovalutato, spesso per motivi legati ad interessi economici.

De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle
De-etnicizzazione somatica: la globalizzazione sulla pelle

Occorre investire nella diversità, per abbattere le discriminazioni e facilitare l’integrazione, soprattutto alla luce degli attuali moti migratori verso le coste italiane.

Il mercato della bellezza è un pericoloso strumento di omologazione, che è necessario sottoporre a rigide normative e controlli severi, affinché non lucri sulla salute umana e non contribuisca ad alimentare l’odio razziale.

Francesca Spada.

 



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