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De Luca il condannato e Renzi l'ingrato

Creato il 04 marzo 2015 da Alessandromenabue
De Luca il condannato e Renzi l'ingratoRiuscirà Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e trionfatore alle primarie democratiche per le elezioni regionali campane, nonchè condannato in primo grado per abuso d'ufficio, a sfuggire alle maglie della legge Severino che - in caso di vittoria - ne sancirebbe la decadenza dalla carica di presidente della regione immediatamente dopo la sua investitura? Probabilmente sì. Come riportato ieri dal Fatto Quotidiano c'è chi, armato del proverbiale zelo del valletto, già da qualche mese aveva messo le mani avanti. Parliamo di Fulvio Bonavitacola, concittadino e braccio parlamentare di De Luca; un po' l'omologo campano di ciò che è stato Dario Nardella per Matteo Renzi durante la sua scalata a Palazzo Chigi. Ora Nardella siede su quello scranno di Palazzo Vecchio in precedenza occupato dall'attuale premier; sono in molti negli ambienti democratici salernitani a scommettere che la stessa buona sorte toccherà a Bonavitacola qualora De Luca dovesse diventare - e restare - presidente della regione Campania. In veste di parlamentare Bonavitacola non ha fatto tantissimo: nella classifica di produttività dei deputati di OpenParlamento il suo piazzamento è un non proprio onorevolissimo 491° posto. Dall'inizio della legislatura ha presentato 25 emendamenti, 7 interrogazioni (tra aula e commissioni) e un'unica proposta di legge - arrivata alla Camera lo scorso 13 ottobre -  la cui presentazione generale così recita: "Modifiche agli articoli 7 e 10 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, in materia di esclusione della condanna per abuso d'ufficio dal novero delle cause ostative alla candidatura nelle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali". Proprio quell'abuso d'ufficio che, in caso di applicazione della Severino, potrebbe costare al primo cittadino di Salerno l'eventuale poltrona di governatore. Davvero sfortunato il povero Bonavitacola: incredibile come a volte le coincidenze giochino a sfavore di chi opera senza pensare minimamente al proprio tornaconto. Così come è certamente casuale che tra i cofirmatari del testo figurino gli ex-Sel Ferdinando Aiello e Michele Ragosta, all'epoca freschi di conversione al renzismo, e quell'Andrea Romano che una settimana dopo la presentazione del testo avrebbe abbandonato il gruppo parlamentare di Scelta Civica parcheggiandosi brevemente nel gruppo misto per poi stabilire definitivamente dimora tra i democratici. Naturalmente saranno stati spinti a firmare la proposta di legge in quanto mossi da sincero convincimento personale, non certo perchè desiderosi di esibire la loro fedeltà alla causa renziana. Ma cosa c'entra Renzi con De Luca? Lo spiega lo stesso sindaco campano quando dichiara apertamente di essere "il principale elettore in Campania e l'azionista di riferimento di Renzi". Millantatore? Non sembra. Andando a controllare i risultati delle primarie democratiche del 2013, quelle che hanno incoronato il bulletto di Rignano, si scopre che nel comune di Salerno le preferenze per Matteo erano arrivate al 72%, il 10% in più della media regionale e in controtendenza rispetto agli altri capoluoghi campani il cui dato oscillava tra il 53% di Benevento e il 64% di Napoli. Non solo: nelle consultazioni tra gli iscritti nei circoli, che si tennero con tre settimane di anticipo rispetto alle primarie, nella provincia di Salerno Renzi arrivò al 70%, ovvero 24 punti al di sopra della media regionale, fermatasi al 46%. La causa di un dato provinciale così alto fu la percentuale bulgara ottenuta dall'attuale premier proprio nella città di De Luca: il 97,1%. Cuperlo parlò di consultazioni drogate. Prossime all'overdose, verrebbe da dire: percentuali del genere non potevano passare inosservate, tanto che alla fine il voto nell'intera provincia salernitana fu escluso dai conteggi. E se i voti sono evaporati, l'episodio infelice rimane. Naturalmente Matteo ora fa spallucce e, denotando somma ingratitudine nei confronti di De Luca, manda avanti Bernadette Boschi (gli incarichi mortificanti, chissà perchè, li assegna sempre ad altri) a precisare che "al momento non è allo studio da parte del governo nessuna ipotesi di modifica della legge Severino” per poi concludere: “Non so se il Parlamento, nelle prossime settimane, riterrà di intervenire". Il messaggio destinato ai parlamentari è chiaro: c'è una legge in merito che da qualche mese soffrigge alla Camera, decidete voi se ultimare la cottura. C'è da scommettere che - conoscendo la loro visione leggermente distorta dell'etica - se li lasceranno fare quella legge andrà in porto. Giusto per sistemare un nuovo pezzo nella teca delle porcatine italiche, una collezione che alla quale il Presidente del Consiglio pare tenere particolarmente.
P.S. Severino a parte è convinzione di chi scrive che chi ha una condanna in primo grado , un reato estinto per prescrizione, e un cospicuo numero di procedimenti in corso con le accuse di diffamazione, corruzione, truffa, truffa aggravata, falso ideologico, associazione a delinquere, concussione e lottizzazione abusiva non dovrebbe avere la possibilità di candidarsi a presiedere la giuria di Miss Frittole 2015.

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