Man mano che Wikileaks pubblica l’imponente mole di documenti, dispacci e cablogrammi dei funzionari e diplomatici del Dipartimento di Stato Usa da cui emerge come questi ultimi abbiano negli anni “lusingato” tanto gli alleati quanto i nemici, si può trarre una prima osservazione. Ovvero che, come si suol dire, la montagna ha partorito un topolino. Almeno nella parte riguardante l’Italia. Ora, francamente, non serviva Wikileaks per immaginare che gli Stati Uniti non guardassero con simpatia agli affari tra Berlusconi e Putin o con Gheddafi. Né - prendendo spunto dalle parole di Frattini il quale ha definito il 28 novembre 2010 l’11 settembre della diplomazia - che dinanzi alle telecamere si tenda a sottolineare l’importanza di una data alleanza per poi dirne di peste e corna una volta rientrati a casa. È l’Italia, bellezza, il Paese che negli ultimi sedici anni ha visto quasi esclusivamente un solo attore protagonista, il Cavaliere, le cui gesta vengono narrate da anni ed anni, ed un solo autentico antagonista da campagna elettorale, Romano Prodi, l’uomo del piattino. Si poteva confidare in una maggiore fiducia nei nostri confronti?Tornando a Wikileaks, sono proprio gli Stati Uniti a uscire particolarmente malconci dal Cablegate, considerate le notizie filtrate finora (spionaggio dell’Onu, in primis). Per non parlare dei vicini dell’Iran che hanno invocato a più riprese l’intervento statunitense al fine di placare i sogni di gloria di Ahmadinejad (suggellati dagli affari con Pyongyang). Poi c’è una seconda questione, legata al mondo dell’informazione. Ma anche in questo caso non serviva Wikileaks per comprendere che il giornalismo è cambiato grazie ad internet. Al massimo gli scettici hanno avuto il benservito, sperando che stavolta sia quello definitivo.Magazine Politica
Man mano che Wikileaks pubblica l’imponente mole di documenti, dispacci e cablogrammi dei funzionari e diplomatici del Dipartimento di Stato Usa da cui emerge come questi ultimi abbiano negli anni “lusingato” tanto gli alleati quanto i nemici, si può trarre una prima osservazione. Ovvero che, come si suol dire, la montagna ha partorito un topolino. Almeno nella parte riguardante l’Italia. Ora, francamente, non serviva Wikileaks per immaginare che gli Stati Uniti non guardassero con simpatia agli affari tra Berlusconi e Putin o con Gheddafi. Né - prendendo spunto dalle parole di Frattini il quale ha definito il 28 novembre 2010 l’11 settembre della diplomazia - che dinanzi alle telecamere si tenda a sottolineare l’importanza di una data alleanza per poi dirne di peste e corna una volta rientrati a casa. È l’Italia, bellezza, il Paese che negli ultimi sedici anni ha visto quasi esclusivamente un solo attore protagonista, il Cavaliere, le cui gesta vengono narrate da anni ed anni, ed un solo autentico antagonista da campagna elettorale, Romano Prodi, l’uomo del piattino. Si poteva confidare in una maggiore fiducia nei nostri confronti?Tornando a Wikileaks, sono proprio gli Stati Uniti a uscire particolarmente malconci dal Cablegate, considerate le notizie filtrate finora (spionaggio dell’Onu, in primis). Per non parlare dei vicini dell’Iran che hanno invocato a più riprese l’intervento statunitense al fine di placare i sogni di gloria di Ahmadinejad (suggellati dagli affari con Pyongyang). Poi c’è una seconda questione, legata al mondo dell’informazione. Ma anche in questo caso non serviva Wikileaks per comprendere che il giornalismo è cambiato grazie ad internet. Al massimo gli scettici hanno avuto il benservito, sperando che stavolta sia quello definitivo.Possono interessarti anche questi articoli :
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