Death: a picture album per fare pace con Signora Morte

Creato il 02 ottobre 2014 da Salone Del Lutto @salonedellutto

Il libro è come un vecchio album di famiglia. Di quelli con la copertina rigida, rivestita di stoffa gialla (signora Morte, mi scusi, a lei piace il giallo?), sembra fatto apposta per raccogliere la polvere del tempo. E infatti si chiama Death: a picture album e raccoglie le immagini di alcune delle 300 opere che sono state esposte alla Wellcome Collection, Londra, dal novembre del 2012 al febbraio del 2013, in occasione dell’esposizione Death: a self-portrait. Curata da James Peto e Kate Forde, è stata l’occasione per ammirare una selezione della enorme collezione di Richard Harris, collezionista e commerciante d’arte, sul tema della morte e della mortalità umana.

Fotografia dell’esposizione “Death: a self portrait”.

Per chi non è riuscito ad andare a vedere la mostra, rimane il catalogo. E allora sfoglio con voi le pagine di questo libro, che lascia alcune domande al visitatore/lettore per condurlo in un percorso visuale, così come visuale è l’approccio del collezionista stesso, senza filtri alle immagini a volte macabre, dense e surreali, emozionanti e ironiche. Loro devono parlare e ispirare, non tanto un testo critico.

Possono le opere d’arte, con il loro simbolismo, contribuire ad affrontare meglio la morte? Quale funzione giocano gli inanimati oggetti nei rituali funebri e come possono aiutarci ad attivare memorie e canali di connessione con i defunti? Il catalogo divide le opere in cinque temi, così come cinque erano le sale affollate di incisioni, oggetti, dipinti, fotografie. Beninteso, un affollamento metodico quasi maniacale, che coinvolgeva il visitatore e con un attento percorso di luci e ombre lo costringeva ad aprire progressivamente la mente, passando dalla semplice curiosità, all’osservazione, all’inquietudine e poi al fascino, fino alla comprensione. Inseguendo il pensiero di Harris sulla morte da un reperto anatomico da laboratorio a un ex libris. E proprio dall’ex libris sulla quarta di copertina del catalogo si parte per questa passeggiata sul filo della vita.

1. La contemplazione della Morte

L’ingresso di questo percorso è la percezione della morte. In questa “stanza” la morte è ancora immagine, da osservare e contemplare nei suoi segni e simboli, un memento mori ma anche un aiuto alla meditazione. Si è portati a riflettere sull’aleatorietà del possesso materiale, degli oggetti come del corpo stesso. E se alcune fotografie di Andy Warhol ci raccontano di scheletri quasi seriali come i prodotti della sua Factory, l’incisione del 1570 il cui titolo Mors ultima linea rerum richiama Orazio ci ricorda poi con S. Prospero di Aquitania che «sei mortale, terra sei e terra ritornerai».

“Mors ultima linea rerum”, Artista sconosciuto fiammingo, stampa da incisione su matrice in rame, 1570 .

2. La danza della Morte

Dall’osservazione si passa alla consapevolezza della morte. L’arte la accoglie progressivamente in una prospettiva di inevitabilità, alle volte anche ironica, raffigurandola nell’imprevedibilità di epoche segnate da pestilenze e forti fedi religiose. Alfred Rethel nel 1851 raffigura in due incisioni l’ambivalenza della Morte, come nemico maligno e beffardo che suona il violino mentre il colera del 1831 uccide i parigini, ma anche come amico solenne e rispettoso che suona la campana per annunciare una morte pacifica.

“Morte il nemico – Morte l’amico”, Alfred Rethel, Germania, stampa da incisione su matrice in legno, 1851.

3. La Morte violenta

Come confrontarsi però con la morte violenta? Nella terza stanza del catalogo e della mostra viene affrontato il tema delle stragi non casuali e in particolare provocate dalla guerra. Gli artisti di riferimento sono Francisco Goya e Otto Dix con i loro manifesti che enfatizzano l’effetto disumanizzante della morte ed il suo caos. Nell’atmosfera bellica tra umani emerge però il parallelo spirituale de I cavalieri dell’Apocalisse di Albrecht Dürer: Malattia, Guerra, Carestia e Morte cavalcano verso l’ultima battaglia, forze crudeli e inarrestabili.

“I cavalieri dell’Apocalisse”, Albrecht Dürer, xilografia, 1498.

4. Eros e Thanatos

Il tema del conflitto viene ulteriormente declinato attraverso la dicotomia freudiana al centro della civiltà umana, ovvero i due istinti verso la vita (Eros) e verso la distruzione (Thanatos). Sensuali corpi nudi si intrecciano a fatali scheletri, e anche in un morbido addio fra una coppia di innamorati si osserva la sagoma di un teschio irridente.

“La vie et la mort, leben und tod”, cartolina, artista sconosciuto, c.a. 1900.

Fotografia d’epoca, 1907.

5. Commemorazione

Il visitatore/lettore è arrivato alla fine del suo percorso. Ha visto la Morte, ne ha percepito l’inevitabilità, ne ha compreso la forza e la violenza, cieca tra gli umani, a loro ugualmente incomprensibile se dettata dal fato. Dopo aver appreso anche la sua relazione inscindibile con l’amore, è quindi possibile “fare pace” con lei, affrontarla con lucidità e viverne i rituali. Le tradizioni di commemorazione dei defunti si sono trasformate nei secoli e nelle diverse parti del mondo, diverse nella forma e nel contenuto. Si osservano quindi le celebrazioni colorate e gioiose del Messico, i rituali più sobri e tristi del Nord, ma anche modi più informali di “scherzare con la morte”. Fuori da funerali ed ex voto, in una foto del 1907, anche lo scheletro di un’aula di anatomia può essere ricordato come più di un oggetto da laboratorio: vestendolo e coinvolgendolo in una foto di classe. Death is an end but not the end.

Perché parlare ora di una mostra di due anni fa?
Ho conosciuto da poco Salone del Lutto, ed è stato spontaneo riprendere in mano questo catalogo, scriverne per far conoscere un frammento di quella collezione ancora viva e itinerante, magari da ritrovare in qualche museo in giro per il mondo. Credo che a quelle opere piaccia viaggiare. Magari in aereo con il loro bagaglio di vanitas. Una contemporanea danse macabre.

Per la mostra sul sito Wellcome, clicca qui
Per la collezione di Richard Harris, vai qui
Dove acquistare il catalogo? Qui, ovviamente.

di Elena Picchiolutto

Sono Elena, architetto eretico perché non mi occupo di progettazione bensì di valutazione economica e gestione di immobili, come giovane professionista e ricercatrice. Anche se non mi dispiacerebbe provare, ho sempre tenuto fuori dal lavoro la mia parte creativa, esteta, dal “forte sentire”. Sono nera, gotica, armata e decadente, leggo arcani e amo collezionare e studiare tutto ciò che è inconscio, occulto e “oltre”. Direi che in generale sono una persona che “cerca”. Senza mai essere capace di fermarmi. Con passione, rispetto ma anche ironia. In ogni ambito, artistico, filosofico o letterario. Qualsiasi cosa che possa incuriosirmi.


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