Titolo: Debbi [la strana]
Autore: Paolo Di Orazio
Casa editrice: Cut-Up Edizioni
Pagine: 265
Prezzo: 13,50 euro
Trama (dalla seconda di copertina):
Il territorio della nostra penisola si costella di cadaveri di bambini mutilati e seviziati. La firma dell’assassino sui corpi è la limatura dei denti.
I ritrovamenti presentano analogie coi racconti di Debbi, prostituta borderline, rilasciati sul lettino della sua ipnotista. I rapporti mercenari di Debbi la proiettano in un mondo astrale governato dal coniglio Ribes, dove la ragazza sembra rivivere o anticipare lo scenario dei crimini.
Chi è l’assassino? Debbi? Un complice? O un invisibile orco? Per il maresciallo Vanacura, esperto in casi paranormali, non solo sarà quasi impossibile risolvere il rebus di un caso destinato all’insabbiamento di Stato, ma sfiorerà a Roma solo una delle porte che l’Inferno sembra voler forzare sul mondo.
Recensione:
A parte le storie a fumetti edite sulla rivista Splatter (di cui è la mente) non avevo mai letto nulla di Paolo Di Orazio, e devo dire di essere rimasto molto colpito da questo romanzo. Una prosa scorrevole, nonostante a volte si incappi in qualche frase di difficile comprensione o in parole che si incrociano al massimo un paio di volte nella propria vita (magari solo nella mia); uno stile visivo e raccontato allo stesso tempo, bilanciato, che non annoia mai, che non invoglia a mollare il libro.
Eppure è successo: ho dovuto lasciarlo sullo scaffale in più di un’occasione, nonostante non fossi ancora stanco di leggere.
Perché la storia disgusta. Fa schifo.
I fatti narrati sono molto forti, di una crudeltà che mi è capitato soltanto di sfiorare con “La ragazza della porta accanto”, di Ketchum, ma qui si va molto oltre. Qui ci sono stupri, pedofilia, coprofagia, menti contorte e tanto altro. Nessun buonismo, se non un ottimo messaggio di denuncia relativo alla trama (a cosa abbia portato Debbi a diventare la cinica prostituta che è). Il fatto che sia ambientato a Roma in posti che conosco, poi, lo rende ai miei occhi quasi reale… e quindi dà maggiormente fastidio.
Sparsi tra le pagine del libro ci sono vari disegni (di Di Orazio) che riprendono determinate scene della storia. Disegni buoni in bianco/nero, tecnica particolare, a volte distorta a volte malata come ormai ho imparato a conoscere.
Nel testo sono presenti cinque o sei refusi, i personaggi sono delineati molto bene, anche quelli di contorno, e la narrazione salta dalla prima alla terza persona così come dal presente al passato, con maestria e a seconda delle esigente.
In conclusione, un’opera degna di nota che è riuscita a mettere KO uno cresciuto a pane e horror. Già, perché forse questo horror non è, ma non saprei neanche come definirlo. L’autore lo chiama crust-punk, ma io sono troppo ignorante.
Voto:
Roberto