Cari amici di Post Scriptum, qualche tempo fa, su una rivista locale, avevo cominciato a pubblicare a puntate una Rock-Story. Cos’è una rock-story? Un racconto di formazione, sulla formazione di una formazione…rock. Cioè – senza giochi di parole – una storia sul come si formò una band, come ebbe successo e …e poi se volete saperne di più leggetevela! Sperando di fare cosa gradita, e dato che la rivista locale non viene più stampata – ho pensato di proporre la continuazione di questa Rock-Story proprio su questo Blog Collettivo. Per quanto riguarda le vecchie puntate, nove in tutto, qui di seguito allego il link per poterle leggere: It’s Only Rock ‘n’ Roll…And I Like It!!! (link, i racconti si trovano a fondo pagina). Dalla decima puntata in poi ci ritroviamo su Post Scriptum!!!
Breve Antefatto: Nelle scorse puntate è stato chiesto al nostro eroe – Iachino – di portare unHammond alle prove. Costui non aveva ben chiaro cosa fosse, così alla domanda fatidica “Hey tu, lo hai portato l’hammond?”, le ansie crescono effervescenti come una boccetta di brioschi gettata in un secchio di gassosa.
…l’ammond??? O mio dio…
Decima Puntata “It’s Only Rock ‘n’ Roll… And I Like It!!!” di Gaetano Celestre
«Ah sì, ecco, ho portato mandorle e anche le noccioline e i semi di zucca…».
«Polluce, Polluce, fratello mio, sorreggimi, guarda quest’imbecille che ha portato.».
«Beh, nei ritagli tra un pezzo e l’altro passeremo tempo, anche per fumare di meno!», gli rispose Polluce. Ma non aveva capito neanche lui la vera entità del disguido.
«Non hai capito, questo non ha portato l’hammond… comprendi ora?».
Polluce mi pose un braccio sulle spalle e mi portò amichevolmente in disparte, così mi parlò amabilmente:
«Senti fratello, che cosa hai intenzione di suonare tu, qui, questa sera?».
«Ah sì, cosa devo…chiamo subito mio padre e mi faccio portare qui lo steinway con la coda.».
«Fratello, guarda che prima scherzavo su Beethoven…qui si fa rock!».
«Tipo gli 883 e il blues degli stones durante la notte da lupi nel Bronx?».
«No, fratello!», Polluce sgranò gli occhi.
«Ah, meno male, perché proprio non mi piacciono gli 883.».
«Senti, mettiti seduto su quel puffo lì sull’angolo, più tardi penseremo a te. Adesso dobbiamo suonare il primo pezzo, se ci riusciamo.».
Ma mentre Polluce mi parlava gli amplificatori avevano già ripreso a stridere ed urlare, Gianni bonzetto faceva continui, estenuanti e innervosenti, passaggi sui tom. Polluce afferrò il microfono e ponendosi dinanzi al fratello accennò:
«Some people say my love cannot be true. Please believe me, my love, and I’ll show you. I will give you those things…(link)».
«Ok, ok, stacco!», alzò le mani Castore avendo recepito il messaggio celato tra le rime cantate del fratello.
Si perse un po’ di tempo per spiegare a Ruggero il normanno cosa fosse un basso, del perché avesse meno corde della chitarra (si era risentito all’inizio, Ruggero, avvertendola come una mancanza di fiducia. Perché due corde in meno a lui?) e insomma Castore cercò in tutti i modi di fargli capire quali fossero i tasti da pigiare, anche con l’imposizione delle mani…ma tutto fu vano. Spiegargli le note, ovviamente neanche a parlarne… forse col tempo. In tarda nottata riusciva, fuori tempo, a suonare su una sola corda. Polluce, nel frattempo, gli scriveva le tablature per suonare il basso monocorda sui pezzi in questione. Ricordiamoci che c’era una serata da fare da lì a cinque giorni.
«Via, adesso tutti a casa a studiare, domani ci rivediamo qui alle ore quindici, dobbiamo sbrigarci.».
«Glielo hai detto Castore?».
«Cosa fratello?».
«Della serata!».
«Ah giaaaà. Beh, dobbiamo sbrigarci perché c’è un live da fare, una serata in un pub.».
Vidi i volti dei Dioscuri tesi, avevano buttato giù quell’ingiunzione così, come niente fosse, sperando che passasse inosservata. Ma in verità temevano la reazione del resto dell’equipaggio.
Ci fu qualche istante di silenzio, ma poi l’euforia pervase tutti noi e gridammo di gioia.
«Beh, non sono male questi ragazzi, in fondo!», disse Castore a Polluce.
«Già, proprio niente male! Te lo avevo detto, no?».
«Adesso tutti a casa. …Non tu occhialuto, resta seduto. A domani, per gli altri.».
Gianni bonzetto pensò bene che fosse inutile insistere a spiegare che quella fosse casa sua. Per fortuna era cominciata la bella stagione e, malgrado i cani randagi, sulle panchine in piazza si dormiva bene. Io restai fermo, immobile, dove mi era stato gentilmente imposto.
«Bene bene, veniamo a te, come ti chiami?», disse Castore.
«Dai finiscila che lo sai come si chiama, taglia corto.», fece il fratello.
«Non mi interrompere mai più, fratello, se no ti infilo un pipistrello in… va beh, diciamo in bocca… e sarai tu a doverti cercare un nuovo modello tra le rockstar!».
Polluce alzò le mani sorridendo.
«Senti, Iachino», disse ancora Castore «intanto cominciamo dal nome. Troppo semplice.»
«Scusate!».
«Sì, sì, non è colpa tua. Ora però ci vuole un bel soprannome! Come ti chiamano a Scuola?».
«Beh io non sono mai stato… cool a scuola…ero felice nell’underground…(link)».
«Fermo, fermo, non mi cantare la canzone di Ben Folds.».
«Beh, è una bella canzone!», si intromise Polluce.
«Ne convengo fratello, ma non è questo il punto. Va beh, fatemi fare a me…che ne pensi di Fagiano?».
«No fratello, è già occupato.».
«Ah già, beh datemi il tempo di pensarci su, vi farò sapere. Ti farò sapere » e mi pose l’indice davanti gli occhi, sembrava una stampa americana con lo Zio Sam « veniamo al secondo problema. Quando ti ho detto di portare l’hammond, evidentemente tu hai frainteso. Non riesco ad immaginare come tu abbia fatto, ma lo hai fatto. E la cosa più triste è che sospetto tu non sappia neanche di cosa si tratti. Ho detto Hammond e non almond, capisci? ».
To be continued…
Gaetano Celestre