Di Tommaso Iori* – Sono convinto che “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” sia un proverbio scemo e ieri ne ho avuta la definitiva dimostrazione. E’ bastato trascorrere una giornata a Riva del Garda, ospite dei Vignaioli del Trentino, per capire che per saldare la frattura tra dire e fare, tra teoria e prassi – per andare a invadere altri tempi e altre sfere- non serva molto di più della “passione e delle mani” che Nicola Balter, presidente dei vignaioli, ha indicato come cifra del loro impegno. Certo non sono fattori che si comprano all’etto al banco dei salumi, ma sono doti che in Trentino abbondano e che a Riva, ieri, si potevano cogliere anche a occhio nudo.
Questo secondo evento in riva al lago ha rappresentato un ulteriore passo avanti dei vignaioli trentini, ormai ben incamminati su un sentiero dove coerenza, autonomia e unità sono solide fondamenta di un’azione precisa e curata di promozione del proprio lavoro. “arRIVAno i Vignaioli” volume due recupera il meglio della prima edizione 2011, in primo luogo il contesto affascinante della Rocca di Riva, e lo arrichisce con la bella intuizione concretizzatasi nell’aprile scorso con la Mostra Mercato di Trento, ovvero la possibilità di mettere in vendita i vini in degustazione a prezzo di cantina.
Ma a dimostrazione che questo “mare” che divide chi dice e chi fa non è altro che una piccola pozzanghera, quando ci sono buone idee, i vignaioli hanno scelto di ampliare il programma con uno speciale momento di approfondimento dedicato al vitigno Nosiola: “Declinazione Nosiola: annate, territori e uomini di un’insospettabile passione trentina”. Dietro al nome lungo e complesso c’è un’idea molto più semplice: uscire dalla retorica del marketing territoriale e mettere in campo quegli elementi che, meglio di qualsiasi altra cosa, sanno raccontare il territorio trentino e le sue vocazioni. Il vino e chi il vino lo fa, ovvero i vignaioli.
Condotti da Aurora Endrici, accogliente “padrona di casa”, sette produttori hanno raccontato la loro interpretazione di una varietà che, nonostante l’enfasi dei depliant patinati, nel concreto della vitaccia di tutti i giorni rischia l’estinzione. I dati parlano chiaro: se nel 1970 se ne producevano in Trentino oltre 46 mila quintali, oggi si arriva a malapena ai 9 mila. Ma il dato più preoccupante, come si è avvertito forte e chiaro nel grido di allarme lanciato da Mario Pojer, è che il trend è in calo, anno dopo anno. Meno dell’1% della superficie vitata del Trentino è coltivata a Nosiola: “Solo i vignaioli, nel rinnovare gli impianti, investono su questa varietà”, ha detto chiaro e tondo Lorenzo Cesconi. Basterà per salvarla dall’oblio? Forse no, ma il “lavoro culturale” che questa piccola ma significativa parte del mondo vitivinicolo trentino sta portando avanti ha un valore enorme, al di là di ogni cruda statistica.
Perchè il vino parla chiaro, forse più dei dati. Sono stato uno dei fortunati partecipanti alla degustazione: un regalo incalcolabile, che è un dovere risarcire mettendo a valore quest’esperienza, condividendola con altri e amplificandone fin dove possibile l’eco. Le convinzioni che ne ho tratto sono forti come le mani e vive come la passione di cui parlava Nicola Balter: il nosiolet è molto di più di un totem dell’autenticità, di un vessillo delle specificità territoriali, e la sua valorizzazione non è folklore; il nosiolet è un vitigno grande, senza enfasi e senza retorica, e il suo recupero è un atto intelligente e sensato. Che va portato avanti senza indugio: non farlo sarebbe un crimine verso l’economia trentina, non solo contro la storia, il patrimonio di diversità del nostro territorio e il palato dei buongustai. I vignaioli lo hanno capito, e ieri hanno voluto darne prova.
Sedici gli assaggi nella “batteria”: e, quasi a voler cominiciare rompendo il primo tabù (Nosiola= vino giovane e semplice), l’unico 2011 in lizza è servito ad avvinare i bicchieri ancora condizionati dal cartone. Partiamo con un Maiano Bianco 2008 raccontato da Alessandro Poli (Francesco Poli), dal naso morbido, pane burro e miele, un mese di appassimento e fermentazione in botti di acacia. Avanti con due acuti del Vignaiolo Giuseppe Fanti, un guru della Nosiola, che per primo ha imbottigliato nei lontani anni ’70. Non presente perche’ impegnato in cantina, ne fa le veci il bravo Lorenzo Cesconi, che ci racconta di un lungo affinamento sui lieviti, di un 40% di legno, di un’annata fresca (un 2008 che, secondo il mio amico Charlie, anticipandomi nell’orecchio il commento di Mario Pojer, ha incredibili note idrocarbureggianti) e di un’annata più calda (un 2006 dorato, dai toni mielosi e una curiosa avvolgenza morbida e sapida). Lorenzo passa a raccontarci anche di sè e della sua famiglia, che mette in tavola un 2002 da magnum (magnum di Nosiola, non è un refuso), annata difficile, ma l’evoluzione, forse proprio grazie alla bottiglia, è decisamente positiva, con un naso ben amalgamato e una freschezza ancora viva. Così come il 2001, che risulterà in fondo uno dei migliori assaggi e che, per me comune mortale, sembra già un viaggio nel tempo che non mi sarei mai aspettato di fare a bordo di una Nosiola. E’ il turno di Marco Zani e del suo maniero, quel Castel Noarna che guarda sereno la Vallagarina ben saldo su suoli calcarei “ricchi di scisti, basalto e porfidi” che segnano i suoi vini, al pari della sua passione: un 2002 oro carico, maturo e pieno, e un 2001 che sembra più giovane della sua età. Il testimone passa a Mario Pojer, che ci porta un 2003: “annata caldissima che ha cotto l’Italia, l’ho portata apposta per rompere le balle e per farvi capire che la Nosiola regge il colpo, anche in un’annata sfigata”. Provocazione riuscita: dopo un’ora nel bicchiere, la Nosiola di Pojer si è rivelata uno degli assaggi più piacevoli, con aromi da pasticciera siciliana che non ti aspetti a Faedo. La palla passa a Erika Pedrini, giovane talento di Pravis, che con competenza e modestia parla de L’Ora 2001, quando lei ancora studiava e il vino lo faceva soprattutto il padre: vigne di quarant’anni, due mesi di appassimento sulle arele, un anno di acacia per una pepita d’oro che richiama la santità. Elisabetta Foradori, pur non presente di persona, ci regala la sua specialissima intepretazione, quel 2009 quando per la prima volta i grappoli del vigneto Fontanasanta sono finiti nelle anfore di terracotta: una Nosiola di agrumi, erbe aromatiche e un vento che viene dal mare, non più l’Ora del Garda. Con Rudy Zeni si salta indietro sulla linea del tempo, arrivando ad un 1992: uno dei primi risultati del vigneto del Maso Nero, dove la famiglia ha recuperato non solo questa varietà negletta, ma anche una tecnica d’impianto, il ritocchino, che su terreni al 47% di pendenza riporta il paesaggio a immagini d’altri tempi. Questa bottiglia al naso mostra un po’ la corda, ma in bocca comincia a far intendere la stoffa del vitigno e apre la strada ad una meraviglia impensabile: un 1983 di Pojer e Sandri, davanti alla quale lo stesso Mario si emoziona e che ammutolisce il pubblico. Vendemmiata quando io avevo poco più di un mese, questa Nosiola mi fa sentire vecchio e stanco. La strada ora è tutta in discesa con quattro vini santi che coprono oltre un decennio di storia trentina: nel 1994 di Francesco Poli mi sembra di tornare a Marrakech, nei negozi di spezie dove ho riempito lo zaino di curry, curcuma e zafferano; nel 1993 di Pisoni i negozi di dolciumi, lo zucchero filato delle giostre, le caramelle d’orzo che mia nonna mi metteva in tasca “per el viaz”; il 1986 di Pedrotti e il 1982 di Pravis ci ricodano ancora una volta che il vino è fatto per essere bevuto, ed è un delitto lasciarli nel bicchiere.
Un mare di Nosiola ha coperto le distanze: tra il dire e il fare, tra chi scrive di vino e chi il vino lo fa, tra me e la mia storia, tra territori di questo Trentino che a volte non parla e a volte parla troppo. Un mare di Nosiola, in riva al lago e in mezzo ai monti, per mettere d’accordo gli elementi.
T. I.
* Trentino Wine Blog ringrazia l’amico Tommaso di Imperial Wines, per aver accettato di rappresentare con competenza e passione il nostro blog alla degustazione Declinazione Nosiola organizzata ieri mattina dai Vignaioli del Trentino alla Rocca di Riva del Garda.