Definiamo le distanze

Da Flavialtomonte

Sto finalmente attraversando le soffici nuvole smeraldo sospese su Bologna e non so quanto ancora la carica del portatile reggerà. 
La voce guida fa da sfondo al mio viaggio – a dir poco emozionante – cavolo, com’è vero che in aereo mandano annunci ogni cinque minuti che neanche a Chi l’ha visto. 
Fanno venire i capogiri. O per tenerti sveglio, o per non farti pensare al volo, ma anche per non farti godere il panorama dal finestrino che appena ti giri a guardare e a fantasticare sulle nuvole, ecco il campanello. 

- Din don! 
sì? 
la novità di oggi sono gratta e vinci, cotolette, pasta alla carbonara, bevande calde… 
E giusto per farli contenti chiami la prima hostess disponibile, in perenne attesa lungo il corridoio.
- Vorrei prendere qualcosa al volo!

Sul bus dalla stazione all’aeroporto quattro ragazze – del sud – si confrontano sul loro futuro prossimo. 
Studiano, ma nel frattempo fanno esperienze lavorative all’estero, si tengono impegnate appena possono. 
Avrebbero potuto accontentarsi del nord, ma sono ambiziose, e puntano in alto. 
Hanno il mese pieno di voli e treni. Ridono tutte e quattro, sono inevitabilmente contente. Chiunque si ferma ad ascoltarle, sorride. Rido anch’io perché come loro progetto: faccio un giro di chiamate, organizzo il prossimo volo, forse a Milano, prima tornerò a Ferrara, ma per il momento spengo la luce della camera da letto e vado a dormire.

Andare a piedi col trolley non è la fine del mondo, ma dal b&b alla facoltà prendendo le strade secondarie non avrei beccato un bus, e poi – bus, bus – preferisco andare a piedi, come le anziane della mia città che vanno a fare la spesa a piedi, guai a farsi dare un passaggio dai nipoti, dai figli, o addirittura dagli sconosciuti.

A danza, per esempio, ci andavo a piedi, a teatro – sarebbe stato vicino – partendo un giorno prima sarei arrivata anche a piedi, all’università – sarebbe stata nella stessa regione – sarei andata a piedi. Ma i viaggi sono inevitabili, seppur sfatano le meraviglie del mondo, annullano le distanze. Mi piace andare di fretta e quando non posso farlo a piedi uso il mezzo che impiega meno tempo, come me. Cerco un mezzo che mi rappresenti. Cambierei volentieri l’aforisma “chi va piano va sano e va lontano” in “chi va piano arriva tardi”, è la verità. 

La luna, per esempio, l’altra notte ha quasi raggiunto la terra. C’ha messo non so quanti secoli per arrivare a queste distanze, ma lo spettacolo è stato sensazionale. A volte penso a come, fuori da qui, tutto sembra più lento, le distanze si accorciano e non tengono il conto, non calcolano i tempi, non dicono i numeri. Siamo gli unici a crederci. È questo il nostro obiettivo? Credere?

Tratto da: Diario di bordo.


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