A saperlo, invece di fare l’esule ringhioso nel casone di Hammamet, Craxi avrebbe potuto andare a insegnare educazione civica al liceo Ghino di Tacco. E Lusi a far lezione di ragioneria alla scuola Arsenio Lupin. Eh si, perché come pratica redentiva e anche per non restare disoccupato dopo tanto solerte affaccendarsi, Filippo Penati ha ufficialmente dichiarato che in attesa che si faccia luce sulla sua spinosa vicenda giudiziaria, tornerà a fare l’insegnante.
Ma allora è meglio Lele Mora che zappetta dai pii fraticelli o Fabrizio Corona che almeno è impenitente.
Invece il Penati fiducioso nella giustizia, almeno finchè sarà condannato magari, perché allora, forse, come altri, si ricrederà, annuncia che tornerà alla sua professione di educatore. Ha prodotto frutti avvelenati la rivoluzione pedagogica dei governi che si sono succeduti, è stata davvero persuasiva se la nostra scuola impoverita, defraudata, umiliata è diventata con cognizione comune un posto dove si va in mancanza di meglio, dove non si guarda troppo per il sottile,un hospice per marginali della legalità o per frustrati che dismettono sogni e ambizioni e “ripiegano” sull’istruzione pubblica.
Magari Penati dimostrerà una certa competenza e conoscenza di Beccaria, dei “delitti e dei penati”. Ma sia pure a una didattica umiliata, a un ceto insegnante poco pagato e poco aggiornato, a una scuola immiserita e arcaica dovrebbe essere risparmiato anche il disonore di essere il refugium peccatorum, l’orticello pieno di mala erba offerto ai cincinnati che non sanno arrendersi alla detestabile mediocrità di una vita normale, privata dei privilegi e delle prebende. E a noi dovrebbe essere concesso di liberarci di questi avanzi della cattiva politica e di non accontentarci di chiunque salga su una cattedra con il delicato compito di accompagnare la crescita intellettuale e morale dei nostri figli. E il ceto dirigente dovrebbe smetterla di trattare istruzione, ricerca, sanità, servizi come elargizioni concesse a un popolo irriconoscente e immeritevole: il welfare, le pensioni, le scuole, il patrimonio immobiliare statale ce siamo pagato e lo abbiamo mantenuto, e le tremende voragini del debito pubblico è attribuibile alla cattiva gestione, alla corruzione e all’incompetenza, che ora scontiamo come un castigo che si rivolta contro di noi.
E dire che una volta si pensava il primo modo di insegnare e il migliore consistesse nell’offrire l’esempio, che i bambini e i ragazzi imparano da quello che sei più che da quello che dici. Ma se oggi la competenza più richiesta è il “far soldi”, magari facili, magari illegali, magari in nero, magari a costo di compromessi, magari sulla nostra pelle, allora altro che Penati, abbiamo una classe insegnante preparata e esemplare pronta a passare disinvoltamente dalle aule parlamentari a quelle giudiziarie a quelle scolastiche e viceversa.