L’eroe silenzioso annuncia il suo addio alla nazionale dopo essere stato scelto nel 2008 dalla federazione: da allora solo grandi successi. Impeccabile la marcia del Castigliano, capace di conquistare Mondiale e Europeo nel giro di due anni, oltre che un terzo posto alla Confederations Cup del 2009. Del Bosque è l’unico allenatore nella storia ad aver conquistato entrambi i trofei sia a livello di nazionale sia a livello di club, col Real dei galattici, che sul finire degli anni ’90 fece suo ogni trofeo appetibile. E’ lui che ha permesso alla Selecciòn di trovare un equilibrio perfetto, creando l’alchimia necessaria per far convivere al meglio grandi nomi del calcio come Xavi, Iniesta, Torres e tanti altri.
Il suo modo di fare, sempre impeccabile e elegante, inoltre, lo ha portato ad essere amato in ogni luogo della Spagna. Dietro i bianchi baffi e la buffa figura nasconde la sensibilità necessaria per condurre al meglio una nazione da sempre affetta da dissidi politici interni, deleteri in certi casi per la serenità di giocatori e tifosi, oltre che una profonda umanità nella sfera familiare. Rimarrà alla storia la scena in cui Alvaro, il figlio di Vicente affetto da sindrome di Down, solleva la Coppa del Mondo insieme ai giocatori spagnoli durante la visita al premier Josè Luis Zapatero. Fu proprio Del Bosque a chiedere ai propri ragazzi prima della finale di fare questo regalo, in caso di vittoria, al figliolo quindicenne, che accolse gioioso come non mai l’avventura in mezzo ai suoi idoli della nazionale.
Il suo sorriso e le sue parole, oltre che la sua interminabile sfilza di vittorie e trofei, hanno permesso di unire sotto un unico volto la Spagna intera. Mai una parola fuori posto, sempre toni pacati e silenzi interminabili, come a distogliere l’attenzione dalla sua figura, quella di un nonno che accoglie a braccia aperte i suoi nipoti, quella di un riappacificatore che ricongiunge attravaerso l’eleganza due mondi contrapposti: “Si, ma poi sono gli uomini che contano, mica il luogo dove nascono”.