Del moto (e) dei corpi

Da Icalamari @frperinelli

Biker on the beach

No, sabato sera non posso. Dopo una giornata così non tirerò giù un post pesante, col rischio che si rompa in testa a me e a voi, uno, due, massimo tre lettori senza amici coi quali uscire di casa. Avete fatto bene a farvi vivi. fatevi più vicini, che è stato un giorno caldo e  adesso i corpi provano i brividi freddi di ritorno.

Accendiamo ‘sto falò, che devo fare outing.

Oggi è stato giorno di Gaypride e pure di Harley Davidson.

O meglio, la prima manifestazione appare come un bagno di corpi in gioioso movimento, in genere del tutto sopportabile, e, per mia esperienza, anche molto piacevole. Passata la data poi, puf. Tutti dimenticano che gli omosessuali sono tra noi ogni giorno, e bollano la questione come carnevalata. Marino avrà pensato: loro, che sono tolleranti, capiranno se mi defilo dall’affrontare un tema scottante proprio subito dopo l’elezione. Tranquillo, ‘Gna, se ne faranno una ragione ma oggi, abbi pazienza, dovevano proprio dirtene quattro, forti pure della diceria sui gusti sessuali di Galileo, che li accomuna non tanto nell’interesse sul moto dei corpi in senso lato, quanto nel perseguimento imperterrito della verità e della giustizia. Tu vai per la tua strada, che presto o tardi vi rincontrerete.

Fosse ancora in vita però, credo che lo scienziato oggi avrebbe trovato più allettante farsi un giretto a Ostia. Dove si svolgono fatti misteriosi che meriterebbero approfondimenti attraverso una rigorosa applicazione del metodo scientifico.

Galileo Galilei sulla sua Harley

Parlo della seconda invasione pacifica di Roma, che dura non uno ma ben tre giorni, da venerdì a domenica, e porta con sé un effetto sonoro alla lunga perturbante. È il particolare rombo delle Harley, quel vocione dal timbro basso che ti sconvolge le budella, moltiplicato per tutte le moto accorse a Roma da ogni Paese vicino o lontano, moltiplicato ancora per settantadue ore, e diffuso per ogni via asfaltata, in particolare per quelle di Ostia.

Bikers on the road

È vero, sono in un periodo di blanda fissazione per la fantascienza, ma mi piacerebbe poter capire perché se tu ti trovi qui, fermo nel punto X dello spazio/tempo della tua esistenza, al passaggio di una Harley, il moto di risonanza degli organi interni al portentoso stantuffare dei cilindri si fa peristaltico al punto da spostarti nel tuo corpo astrale. E farti percepire il mondo attraverso lo sguardo glaciale del motociclista, trasbordarti in sella con lui, addirittura appropriarti della sua visione panoramica che si posa per un frammento di secondo anche su di te osservatore, facendoti sentire, di rimando, quando l’harleysta è ormai scomparso all’orizzonte, un qualunque indistinto segno scenografico di sfondo.

E qui lo devo fare, l’outing. A me piace questa cosa, le budella che rombano, l’immedesimazione e tutto il resto. Io sono empatica, perfino coi ricchi –che piangano o meno-, e sono un po’ coatta.

Coatta che si autoscatta

Tanto per dire, venerdì mattina (non scrivo ieri perché scrivendo ho scavallato la mezzanotte e ormai è domenica), solita uscita al bar con le amiche-colleghe, Lola e Stella, quest’ultima bellissima, nonché ex di lungo corso di un harleysta.  Chiaro che del raduno si sia parlato, e scontato che Stella abbia sbuffato sulla presunta fascinosità del centauro possessore di una Harley Davidson. Lei è una principessa, e io e Lola due ranocchie. Così, quando ho posato gli occhi sul bel signore brizzolato, abbronzato e corpulento, che appoggiava sul bancone due avambracci sui quali le maniche risvoltate della camicia di ottima fattura rivelavano, poco più in alto di un orologio di marchissima, una selva di tatuaggi colorati, mi sono lanciata:

- Scusi, posso farle una domanda?

- Dica.

- Per caso lei ha una Harley?

- Più di una -, mi ha risposto riportando velocemente lo sguardo e la concentrazione sul cucchiaino che girava nel caffè.

Ecco. La mia natura è questa. Io ho dato il cinque a Lola e Stella ha fatto finta di non conoscerci.

Al mare oggi l’acqua era calma calma, e le onde se ne stavano in silenzio, potevo entrare e uscire a rinfrescarmi che solo i miei tuffi risuonavano intorno, tanto più che i romani se ne sono stati a casa, temendo il traffico da Harley più del dovuto.

Loro, i motocilisti, hanno percorso il lungomare e ogni interstizio carrabile senza interruzione, ma anche senza dare alcun intralcio, e il fragore dei loro sciami di passaggio, ritmato dalla tempistica dei semafori lontani, dopo un po’ suonava come l’abituale sciabordio dell’acqua.

Jamiroquai – Blue Skies


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