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Del Piero: come saluta un campione. Storia e carriera di Pinturicchio

Creato il 22 maggio 2012 da Frank_80
Del Piero: come saluta un campione. Storia e carriera di Pinturicchio

Alessandro Del Piero è giunto al capolinea della sua avventura in bianconero dopo 19 stagioni: un addio amaro per i tifosi juventini che vedono ammainarsi così l' ultima bandiera. Tra amori ed incomprensioni, cadute, risalite e trionfi, ripercorriamo la carriera di Pinturicchio con la maglia della Juventus

La fine di un’ amore lascia sempre dietro se una scia di rimpianti e di dubbi su cosa sarebbe potuto essere e non è stato, se le cose non si fossero concluse in quella maniera. 705 presenze e 290 gol, recordman bianconero Alessandro Del Piero lascia la Juventus dopo 19  anni intrisi di successi e passati attraverso un susseguirsi di eventi degno di una sceneggiatura Hollywoodiana. Forse però non è corretto parlare della fine di un’ amore; perché quello tra Del Piero e il popolo juventino è un sentimento che va oltre la conclusione della loro storia calcistica.
Il commosso saluto che lo Juventus Stadium ha tributato al suo uomo simbolo dal ’57 minuto di Juve – Atalanta ne è una prova così come lo è stato anche l’applauso tributato dall’Olimpico nella finale di Coppa Italia contro il Napoli. Ci sono campioni per i quali la stima trascende ogni colore di maglia o di tifo. Del Piero e gli juventini resteranno legati per sempre. Del Piero e la Juventus no.
Perché Alex ha deciso che non è ancora arrivato il momento di farsi da parte, il fisico regge e la classe è come il buon vino, migliora col tempo. E così Del Piero e la Juve non resteranno legati per sempre perché dalla prossima stagione il capitano, ormai ex bianconero, accetterà una nuova sfida, si legherà, seppure forse non sentimentalmente, ad una nuovo club e vestirà una nuova maglia. La sua invece, la storica numero 10, rimarrà vacante perché secondo Alex, campione fuori tanto quanto dentro al campo, è giusto che un altro bambino possa sognare di vestirla come accadeva a lui ai tempi dei primi tornei con il San Vendemiano. 

GLI ESORDI - Da li era partita l’avventura di Del Piero, dal campetto del paesino di Saccon di San Vendemiano dove nei primi tornei di paese attirò l’attenzione dei responsabili del settore giovanile del Padova che, vinto lo scetticismo sul suo fisico gracile su suggerimento del parroco del paese, lo tesserarono per la società veneta. Arrivò rapido l’esordio in prima squadra, a soli 16 anni, e la prima rete solo un paio di anni più tardi nel 5 a 0 alla Ternana.
L’allora allenatore dei veneti Mauro Sandreani dovette però rinunciare presto al suo talento che per circa 5 miliardi di lire venne portato a Torino, sponda bianconera dal Presidentissimo Giampiero Boniperti. Del Piero visse momenti d’oro, dalla vittoria nel torneo di Viareggio con la squadra primavera, all’esordio in prima squadra (12 Settembre del 1993), alla prima rete solo una settimana più tardi. Ma l’ottimo impatto nella prima stagione, con ben 5 reti in appena 11 presenze (tra le quali una tripletta) non bastò però a garantirgli un posto in rosa per la stagione successiva.
Quando la società aveva quasi deciso che Del Piero sarebbe stato ceduto in prestito al Parma, tanto da aver già incontrato l’allora presidente Tanzi, fu infatti il neo allenatore juventino Marcello Lippi a confermare che “Come quarta punta andava benissimo il ragazzino” e fu così che la storia iniziò veramente.
Dal gol “paranormale” nella stagione ’94-’95 che completò la rimonta 3 a 2 contro la Fiorentina passando per l’esordio e la prima rete in nazionale lo stesso anno, le quotazioni dell’”enfant prodige” crebbero fino a quando nella stagione ’95-’96 la Juve decise di lasciar partire Roberto Baggio per puntare forte su di lui, nonostante il comprensibile scetticismo della piazza.
Del Piero ripagò la scelta della società contribuendo in maniera decisiva alla conquista della Champions League e dell’Intercontinentale soltanto qualche mese più tardi contro il River Plate, sua la splendida girata per l’1 a 0. L’avvocato Agnelli, esteta del bel calcio, si innamorò calcisticamente delle ormai celebri “pennellate alla Del Piero”(o “gol alla Del Piero”) tanto da affibbiargli il soprannome di “Pinturicchio”(pittore rinascimentale ndr). Non solo gioie per Alex ma anche qualche delusione come le finali di Champions League perse nel ’96-’97 contro il Borussia Dortmund (entrando nella ripresa e segnando però con una perla di tacco su cross di Boksic) e nella stagione successiva contro il Real Madrid; o come l’amaro Mondiale Francese del ’98 o i due quarti posti nella classifica del pallone d’oro del ’95 e del ’96 (quest’ultimo grottescamente donato al buon, ma non certo fenomenale, Mathias Sammer).

L’INFORTUNIO E LA RINASCITA – Fu nella stagione ’98-’99 che Del Piero subì uno dei colpi più duri della sua carriera quando i legamenti del suo ginocchio si ruppero, un giorno prima del suo compleanno, l’8 Novembre, al 92º minuto di Udinese – Juventus. Lo stesso Del Piero, nel suo ultimo libro “Giochiamo ancora” parla di quell’episodio e del suo difficile recupero come di un infortunio arrivato “…dopo 5 anni in cui avevo tirato il motore a manetta, vincendo tutto… Insomma non è che a quel punto avessi bisogno di staccare? Forse è stato il mio corpo a pretendere una pausa. Il ritorno è stato lento, lo so bene, però credo che quella sosta forzata mi abbia allungato la carriera, migliorandomi come persona e come giocatore.” Una descrizione che lascia trasparire come allora subì l’avvenimento non solo fisicamente ma anche e soprattutto emotivamente.
L’altro duro colpo Del Piero lo ricevette dalle accuse di doping lanciate a lui e Vialli dall’allora allenatore della Roma, Zeman. Alle dichiarazioni del tecnico Boemo seguì un’indagine promossa, pochi giorni dopo, dal pm Torinese Raffaele Guariniello in collaborazione con il CONI. Nonostante i dubbi lasciati da un’inchiesta che visse molte pagine non certo trasparenti, Del Piero uscì pulito dalla vicenda preparandosi ad una seconda, ma un po’ più travagliata, giovinezza nella sua carriera.
Nella stagione 1999-2000 l’Avvocato nonostante la sua stima infinita arrivò persino a dire di lui “Mi ricordava Pinturicchio. Adesso è Godot”.  Non smise di puntare sul talento di Conegliano Carlo Ancelotti, che fu a lungo criticato per il suo forzato impiego nella stagione successiva dove sembrava davvero che la carriera del numero 10 bianconero non sarebbe mai più stata la stessa.
Invece Del Piero risorse da quelle ceneri e si prese sulle spalle la squadra divenendone il capitano nella stagione 2001-2002 dove realizzò ben 16 reti che valsero alla Juventus il ritorno al titolo e ad Alex la rivincita su quello stesso campo di Udine che quattro anni prima gli aveva dato il dolore più grande. Giochi del destino, come quelli che nel 2006 in pieno scandalo “Calciopoli” lo condussero da un mondiale da protagonista, rivestendo i panni di Pinturicchio nella semifinale contro la Germania e con il rigore nella finale di Berlino contro la Francia, al piccolo stadio di Rimini, in un caldo pomeriggio di fine estate per il ritorno in serie B 13 anni dopo la sua ultima apparizione.
Un titolo di capocannoniere nel campionato cadetto e la promozione, un titolo di capocannoniere in A e la qualificazione in Champions, la standing ovation del Santiago Bernabeu dopo la doppietta al Real Madrid (Maradona commentò: “certo che Del Piero non invecchia mai”), e dopo un paio d’anni di appannamento della squadra di nuovo quello scudetto atteso da 6 interminabili stagioni.
Il modo migliore per un campione intramontabile di chiudere una carriera leggendaria con il suo club (meglio di così sarebbe stato solo con un successo in Coppa Italia) perché quando ci si lascia vincendo si entra nell’immaginario collettivo come un eroe. Tutto questo posto il fatto che fosse arrivato davvero il momento di chiuderla questa storia.


LA DECISIONE
- Sembra infatti evidente che in origine la scelta non sia appartenuta al giocatore e nemmeno alla propria procura quanto alla nuova e rampante proprietà juventina, nelle vesti del proprio presidente, che dal vecchio al nuovo corso sembra aver deciso di dare un taglio netto imponendo scelte “fresche” e di discontinuità rispetto al proprio vincente passato.
Andrea Agnelli l’aveva già reso noto ad Ottobre, a margine di un’assemblea degli azionisti, annunciando che la stagione in corso (2011/2012 ndr) sarebbe stata l’ultima di Del Piero in bianconero. La notizia, arrivata inattesa, prematura e sicuramente dalla bocca sbagliata ha da allora destato numerose perplessità di natura tecnica, sentimentale e di modalità tra i tifosi e gli addetti ai lavori.
Che Alessandro Del Piero sia un giocatore “anagraficamente vecchio” è un fatto. Lo dice la sua carta d’identità, compirà 38 anni il prossimo 9 Novembre e certamente non sono pochi per un calciatore, specialmente di questi tempi. Che Alessandro Del Piero sia “calcisticamente vecchio” è un’affermazione decisamente più discutibile. I fatti dicono che,  sebbene le cifre in fatto di presenza e realizzazioni siano state viste al ribasso nel corso delle ultime stagioni e il suo rendimento sia sensibilmente calato, Del Piero resta comunque una garanzia per l’attacco juventino.
La stagione in corso, non ne ha mai fatto mistero (nemmeno nelle pagine del suo ultimo libro) il numero 10 bianconero ha sofferto per lo scarso impiego, ma mai lamentandosi pubblicamente o destabilizzando l’equilibrio di uno spogliatoio unito verso la conquista dei propri traguardi (come dimostrato anche al momento della sostituzione nella finale contro il Napoli). Nella stagione appena conclusa Del Piero ha messo a segno solo 5 reti in 27 presenze.
Analizzando più a fondo questi dati però scopriamo che Alex è sempre partito titolare in Coppa Italia e in ben poche occasioni in campionato. Cionondimeno nelle partite in cui è subentrato ha sempre avuto meno di un tempo a disposizione per incidere sulla partita. Questo permette di rivalutare i dati al rialzo, soprattutto se si considera il fatto che il suo impatto sulle gare e le sue reti sono risultate determinanti sia per la conquista dello scudetto (punizione geniale contro la Lazio, gol all’Inter, assist per Quagliarella contro il Napoli), sia nel raggiungimento della finale di coppa Italia (gol alla Roma e al Milan). Ha aiutato la squadra non soltanto con le reti ma anche con la propria presenza in campo che si è fatta sempre sentire, attirando su di se le marcature avversarie e liberando gli spazi per i compagni d’attacco.
Si vocifera molto nelle ultime settimane della necessità della Juventus di andare alla ricerca di un “top player” per l’attacco che le consenta di fare il salto di qualità specialmente in Champions League. Considerando le cifre proibitive e la concorrenza a suon di “petroldollari” abbinate ai vari Van Persie, Higuain, Torres, Benzema, per di più tutti grandi giocatori ma nessuno con esperienze nel nostro campionato, appare sempre più evidente l’inspiegabile rinuncia all’esperienza e alla qualità di Del Piero che certamente data l’età non avrà più nelle gambe 40 partite ma che nelle notti di Champions ha da sempre dimostrato di non subire la pressione.
In secondo luogo la risalita fino al titolo di quest’anno è stata frutto anche e soprattutto dell’ esperienza maturata con la discesa in B, che ha creato nel blocco dei campioni della Juve, una forte identità di squadra e l’obiettivo di prendersi molte rivincite sui rivali; quest’onda emotiva potrebbe perdersi rapidamente con la partenza di Del Piero, resterebbe infatti il solo Buffon a trascinare l’ambiente.
Non meno importante nella vicenda è stato poi il fatto che le dichiarazioni di Agnelli, che ha più volte fatto orecchie da mercante alle successive richieste di rettifica da parte dei giornalisti, sono subito balzate all’orecchio come fuori luogo e fuori tempo. Ad una bandiera come Del Piero probabilmente andava riservata almeno la possibilità di annunciare da se e a tempo debito la sua partenza da Torino. Ma forse è vero come sostiene Maldini che “Il campione con la testa pensante crea dei problemi.” E così all’ ”inesperto” presidente juventino non deve essere mai andato giù fino in fondo il video in cui lo scorso anno Del Piero si esprimeva sul rinnovo con la Juve dicendo che avrebbe firmato anche in bianco.
Certamente in quel caso fu Del Piero a mettere alle strette la società ma è anche vero che rinunciare ad un giocatore come lui per simili sottigliezze appare davvero una scelta folle vista la stagione impegnativa che va attendendo i bianconeri.

IL FUTURO - Da non sottovalutare infatti sarà il fatto che oltre agli impegni più numerosi, sulla Juventus graveranno le maggiori aspettative di una piazza che tornata a vincere, non accetterà certo di buon grado alcuna involuzione nei risultati e che pertanto esporrà l’ambiente ad una maggiore pressione, che giocatori come Del Piero ormai sapevano gestire da anni ma che i nuovi potrebbero faticare a sostenere.
In Premier e nella MLS hanno già iniziato il corteggiamento. Del Piero resta un affare che in molti vogliono permettersi ma, come dichiarato dallo stesso giocatore dopo la finale con il Napoli, dovranno tutti attendere una lunga e meritata vacanza prima di avere una risposta precisa sul suo futuro.
Un’ ultima divagazione da romantici del calcio nasce da se… i campioni come Del Piero, Totti, Maldini, Zanetti, Raùl, Scholes, autentiche bandiere dei rispettivi club, sono uomini grandi almeno quanto il loro talento, che hanno messo al servizio delle loro squadre sempre, senza mai tradirle per qualche (magari per più di qualche) soldo in più. Sono uomini di una generazione vincente ma anche di valori, campioni ai quali le giovani generazioni hanno potuto guardare con ammirazione per cercare di assomigliargli un po’ in campo e, in molti casi, anche fuori.
In un’epoca ormai dominata dalle tacite concessioni alle Cassanate e alle Balotellate, dove si idolatrano buoni giocatori che ancora molto hanno da dimostrare spacciandoli per campioni e dove tutto è concesso purché alla fine i risultati e gli interessi economici quadrino, campioni come Del Piero mancheranno e molto, non solo ai propri tifosi, ma al nostro calcio in generale, perché se è vero che i grandi giocatori passano ma le società restano è altrettanto vero che sono i grandi campioni (e grandi uomini) a fare grandi le società.
Ma che il cambiamento del mondo del calcio sia irreversibile (e per certi versi probabilmente volto al peggio) è un dato di fatto, lo dimostrano non solo le nuove leve in fatto di calciatori, ma anche la nuova classe dirigente, qualche anno fa accusata di essere poco attenta ai bilanci e ora, ancor peggio, addirittura meno avveduta nel rispettare i propri simboli.
Agli amanti del bel calcio però resterà sempre nel cuore il ricordo di aver avuto la fortuna di ammirare un proprio mito calcistico e ai tifosi di averlo amato come il proprio uomo simbolo… perché, come scrisse il poeta Inglese Alfred Tennyson, nella vita “È preferibile l'aver amato e aver perso l'amore al non aver amato affatto”.


Simone Fantini


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