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Del post-rock e dei Mogwai: e che la musica sia con voi

Creato il 11 agosto 2014 da Postscriptum

Mogwai. Cominciamo subito col dire che questo termine in cinese vuol dire spirito malvagio o diavolo. A noi però interessa che i Mogwai siano una band post-rock formatasi negli anni 90 a Glasgow, nel cuore della Scozia.

Che vuol dire post rock?
Il post rock è un sottogenere del rock nato tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 come estremizzazione del sound rock con la differenza sostanziale che le band appartenenti a questa corrente musicale solevano eliminare la voce. Quindi la loro produzione musicale comprende brani tipicamente strumentali dove la batteria e la chitarra elettrica la fanno da padroni con buona pace e improvvisate apparizioni di basso, fiati e talvolta qualche tastiera elettronica: niente però che porti verso la musica ambient, quello è un altro mondo.

Dunque, nel 1996 fa la sua apparizione sulla scena musicale la band scozzese dei Mogwai, la quale appena dodici mesi dopo uscirà nei negozi con il primo album: Young Team.

La prima traccia di questo album rappresenta benissimo il sentimento che qualsiasi appassionato di musica potrà sentire non appena le casse del suo stereo faranno uscire le prime note del brano, Yes! I Am a long way from home. Siamo lontani da casa, lontani dalla musica che siamo abituati ad ascoltare (e qui mi scusino coloro che sono già fan della band) perchè ci aspettiamo che da un momento all’altro qualcuno cominci a riempire gli spazi tra una nota e l’altra con qualche parola, a completare l’incedere suadente del brano con una voce sexy ma, niente di tutto questo accade: la prima traccia scorre melliflua, ci riempie le orecchie per cinque minuti e mezzo senza che alcuna parola interrompa il corteggiamento che tali note affrontano nei confronti delle nostre sinapsi.
Troppo poetico? Forse. In realtà qualche parolina all’inizio del brano e alla fine si sente, però non c’entra nulla con il brano, sono i nostri cari ragazzi di Glasgow che parlottano e se la ridono. Cos’avranno poi da ridersi non ci è dato sapere.

 

Lo stile dei Mogwai è compresso in uno spazio fatto di sogni, pensieri e note. Gli strumenti sono attrezzi per montare il vettore della musica, pronto a veicolare nelle nostre orecchie atmosfere cariche di riflessione e di sensualità che sanno passare da un minuto all’altro dalla dolcezza rotondità sonora di un basso elettrica all’aspra e gracchiante chitarra distorta; da un ritmo lento e accomodante in un rombo di suoni da farci saltare sulla sedia. Provare per credere: ascoltatevi Like Herod e mi direte.

Il mondo migliore per definire una band di questo tipo è riprendere una parola che forse è una forzatura ma che esprime bene la summa del lavoro dei nostri amici: soundscapes. Paesaggi musicali, se volete, ovvero costruire con le note una profondità spaziale e riempirla di tutti gli alter ego di quegli elementi che colpiscono la vista quando si ammira un paesaggio mozzafiato.

Tendenti un po all’art rock e al melodico e un po al metal più heavy & dark, il sound dei Mogwai è decisamente particolare nel suo stile e rappresenta una nicchia che forse viene fin troppo sottovalutata dal mainstream ; in alcuni passaggi questo sound può sembrare essere stato pensato solo per fare da colonna sonora a un flusso di immagini ben determinato ma non c’è niente di più limitativo. I soundscapes dei Mogwai sono interi mondi fatti di note, tonalità suoni e, perchè no, anche rumori in cui ci si può perdere lasciando scorrere liberamente quello che gli inglesi di qualche secolo fa definivano stream of consiousness.

Che aspettate? Non siete curiosi?

P.S: per aiutarvi nel viaggio all’interno dell’universo Mogwai potete leggere questa lista di must hear dedicata alla band scozzese

P.P.S: e se vi sono piaciuti i Mogwai potete completare il viaggio psichedelico nel post rock ascoltando anche Sigur Ros, Godspeed You! Black Emperor e gli italianissimi e fortissimi Mokadelic.


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