Del vagabondaggio mentale

Da Dalailaps @dalailaps

La prima volta che ho letto Nelle terre estreme ho avuto la netta sensazione che Christopher McCandless fosse sono un incosciente, uno che non aveva abbastanza coraggio per sostenere i veri problemi della vita. Perché tutti, almeno una volta, abbiamo avuto il netto di desiderio di abbandonare ogni cosa e partire anche senza salutare. Soprattutto in momenti colmi di dubbi e problemi dalle sembianze incontrastabili.
Di solito la meta preferita sarebbe un’isola dalla sabbia fine, ricca di piante colme di frutti tropicali e circondata da acqua cristalline e pescose. Voi avete un posto in particolare?
Ultimamente ho cambiato idea, anche io ho pensato di vendere tutto ciò che possiedo e partire per luoghi dove le uniche prerogative sarebbero vedere e conoscere.
I problemi che ho attualmente non sono insuperabili, quindi non sarebbe loro a costringermi ad una strana fuga. Diciamo solo che oggi credo di capire meglio il punto di vista di Alexander Supertramp.
Per vagabondare, per trovare un'oasi zen dove proteggersi emotivamente, può bastare anche solo pensare ad un luogo, ad una persona o a un momento felice. Un po’ come insegnava Peter Pan ai bambini per farli volare.
Se sono triste immagino il mare del mio paese, in una notte estiva poco illuminata da luci artificiali, sentendolo arrivare a riva e tornare indietro rapidamente, pensando soltanto a starmene distesa su un vecchio asciugamano e a guardare le stelle.
Per qualche attimo è come se fossi partita davvero, ringraziando ogni istante di ricarica alle batterie.
Essere tendenzialmente distratti può essere molto utile.
Non so se un giorno scapperò davvero con solo un grosso zaino sullo spalle, magari in giro per l’Europa. Sento che ne sarei capace.
Per adesso avere dei mentali attimi di evasione è più che sufficiente, soprattutto quando riesci a trovare in loro il modo giusto di superare gli ostacoli.
Foto di Nicole Zanolla.

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