Fino a due giorni fa non sapevo che oggi sarei stata in volo in questo cielo asiatico diretta a Kuala Lampur in Malesia. Dopo giornate intere passate fra la burocrazia degli uffici immigrazione di Pattaya e Bangkok, rinvii per procurarsi l’ennesimo documento mancante, un problema per il mio visto, che fino all’ultimo sembrava assolutamente risolvibile, mi ha costretto ad uscire dalla Thailandia prima di domani. La fortuna ha voluto che martedì fossero arrivati i miei suoceri che, insieme a mio marito, possono occuparsi dei bimbi durante la mia assenza.
E così eccomi qui, fra nuvole enormi e burrose per un viaggio in solitaria dopo tanti anni.
Faccio mente locale e, se escludo i viaggi fatti in Cina e Thailandia per raggiungere mio marito, dove da sola effettuavo solo i voli, risalgo ad Agosto 2004. Quasi 10 anni.
Eppure ricordo come se fosse ora ognuno di quei viaggi fatti in completa solitudine.
L’emozione nello scorrere le guide in libreria, lentamente, per scegliere la meta del viaggio. La libertà di scegliere in completa autonomia. La preparazione dell’itinerario e la fatica per farci entrare tutto quello che mi ispirava. L’acquisto del volo e la prenotazione delle prime due notti in albergo. L’ansia del giorno prima della partenza sostituita da lucidità e sensi allertati durante tutti i trasferimenti fino all’arrivo in albergo. La sottile adrenalina che iniziava ad impossessarsi di me appena uscita in strada perché da quel momento iniziava il mio viaggio, solo mio e di nessun altro. La libertà di indugiare in un luogo in cui mi sentivo bene e di passare velocemente oltre in un posto senza emozione. L’essere costretta a tenere sempre gli occhi ben aperti perché potevo contare solo su me stessa, occhi aperti sul mondo davanti a me, senza distrazioni derivanti dal parlare con un’altra persona. Occhi aperti ai quali non sfuggiva nulla, occhi curiosi di scoprire, conoscere e comprendere. La facilità con cui entravo in contatto con gli abitanti del luogo, nella mia esperienza sempre pronti a dare un’indicazione, un suggerimento o semplicemente a chiedermi da dove venivo e dove andavo. Spesso così sono nate occasioni per vivere i momenti più belli e autentici del viaggio, soprattutto nel mio amato Oriente. Momenti che rimarranno per sempre nella mia memoria. Non dimenticherò mai l’invito a cenare con la sua famiglia di una delle guide del tempio di Borobudur a Java. Una cena frugale durante la quale ho ascoltato e fatto tante domande uscendone con una conoscenza più profonda della vita dei musulmani. Non dimenticherò Henry, tuttofare in una pensione di Solokarta che, nel suo giorno libero, mi ha portato in giro in motorino fra itinerari insoliti e non turistici, raccontandomi le sue pene d’amore di ragazzo musulmano per una ragazza cristiana. O quando in visita ad un tempio sperduto di Bali, mi sono sentita chiamare per nome da un ragazzo che non mi sembrava di conoscere. Era il portantino dell’albergo al mare dove avevo soggiornato la settimana prima che ricordava il mio nome. In visita alla famiglia durante una festa induista, ha insistito perche pranzassi a casa loro, mangiando in piedi e con le mani, il cibo della festa in mezzo a tutti i suoi parenti. Momenti unici che probabilmente non avrei vissuto se non fossi stata sola. È vero che è bello anche condividerli questi momenti, ma è vero anche che da soli si vivono ed assaporano in un modo diverso. Viaggiare soli non è per forza meglio che viaggiare in compagnia, sono solo due modi diversi di esplorare. Ho amato molto viaggiare sola, ma ho poi amato altrettanto viaggiare con colui che sarebbe diventato il mio futuro marito. Decisamente diverso è stato invece viaggiare con i miei figli. Se con il viaggiare soli il principio guida è sempre la libertà, con i figli la prospettiva cambia radicalmente. Quando sono piccoli, il viaggio deve necessariamente ruotare attorno alle loro esigenze che sono quanto di più lontano dai tuoi di bisogni. Però subentra il vedere i luoghi attraverso i loro occhi meravigliati e, quando sei genitore, non ti stanchi mai di quegli sguardi speciali di sorpresa che solo i bambini sanno avere. Insomma il viaggiare ha sempre un valore enorme anche quando è solo per poche ore come in questa mia trasferta di oggi.
Sicuramente è diverso viaggiare sola quando a casa lasci un marito e due figli. Dentro di me oggi ci sono un insieme di sensazioni e immagini contrastanti. C’è lo sguardo del mio piccolino mentre esco di casa, c’è mio marito che mi abbraccia e che mi dice che vorrebbe partire con me, c’è una nuova preoccupazione arrivata proprio prima di partire che mi farebbe desiderare di stare solo vicino a loro, c’è un insolita per me fatica mentale ad affrontare questo viaggio imprevisto. Ma insieme c’è anche il bisogno di allontanarmi un po’ da giorni di conflitto con il mio figlio più grande, di avere un po’ di tempo solo per me, di dormire finalmente una notte intera senza essere svegliata da un pianto. E ora, mentre l’aereo inizia la sua discesa, io sento crescere sempre di più dentro di me anche quell’adrenalina a me così nota. Insieme a quella sensazione di libertà che mi prende sempre quando sto per mettere piede in una nuova terra tutta da esplorare. E piano piano sento che l’ansia, la preoccupazione e la malinconia si sciolgono come neve al sole. E sento che, ancora una volta, il viaggiare mi regalerà immagini, colori, odori, sensazioni e ricordi dei quali nutrirmi nei giorni di sola quotidianità.
A presto allora, con il racconto delle mie 24 ore a Kuala Lampur.