Solo i grandi libri riescono a raccontare con naturalezza una storia privata – che sia d’invenzione o meno – e insieme la storia di un intero paese. E questo lo è. Tutto comincia quando un uomo, di ritorno da un week-end con i figli di prime nozze, trova la nuova moglie in stato confusionale – anzi in preda al delirio – non a casa propria, ma dentro la stanza d’albergo di un hotel di lusso di Bogotá, Colombia. Che cosa è successo in quelle 48 ore? Sembra l’inizio di un giallo, e in parte lo è, ma le risposte, più che dentro fatti concreti, si annidano in una rete di intrecci familiari e sociali instabili, in cui l’obbligo delle buone apparenze cerca di soffocare – alimentandolo – il fuoco delle tensioni. Così, mentre seguiamo le stentate indagini del marito e le surreali manifestazioni di follia della moglie, mentre ascoltiamo le voci della zia di lei aprire uno squarcio nel buio del passato, e di un poco raccomandabile nuovo ricco ripercorrere gli eventi degli ultimi due giorni, invece che sentire la soluzione avvicinarsi la vediamo allontanarsi in un continuo sorgere di nuovi rivoli, nuove storie laterali, nuovi misteri. Si dipanano storie di rapporti familiari complessi e di equilibri sociali delicati e si legge in filigrana l’abbraccio fatale tra la borghesia decaduta del paese e l’industria della droga e del terrore di Pablo Escobar. È una corsa sfrenata e appassionata, costruita su un complesso ma riuscitissimo intreccio di narrazione e flusso di pensiero dei personaggi, che rende la lettura impegnativa ma restituisce effetti grandiosi. Dentro, c’è tutto l’alternarsi di pensieri inconfessabili, a volte sconvenienti, e momenti di lucidità, l’oscillare della coscienza tra abbaglianti desideri impropri e senso del dovere, il discrimine continuo tra felicità e tragedia. C’è la vita, calda e pulsante, come solo la grande letteratura sa squadernarla di fronte ai nostri occhi.
Delirio, Laura Restrepo (Feltrinelli, 254 pp, 15 €)
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