Da ieri mi torna in mente Joseph Conrad col suo Agente segreto: la realtà può essere più crudele della caricatura. E la realtà delle ultime ventiquattr’ore è stata crudele quanto grottesca, caotica, raffazzonata: un ritratto perfetto del momento storico in corso.
Si diffonde la notizia dell’orrendo attentato di Brindisi: s’invocano mafia, terrorismo, anniversari inquietanti. Giungono le condanne del gesto, gli appelli alla solidarietà, le ipotesi sui mandanti, le rassicurazioni sul pronto varo bipartisan di leggi speciali per fronteggiare la perenne emergenza. Partono i consueti appelli all’unità del paese, alla coesione contro l’insensata violenza, al corale rigetto del terrorismo e dei suoi sistemi. La Cancellieri ammette di non aver mai preso in considerazione le scuole tra i suoi quattordicimila obiettivi (economicamente) sensibili. Si discetta su codici d’onore improbabili e sulla tecnica del terrore, come se esistesse un manuale di riferimento. Come se Cosa Nostra fosse garanzia di controllo del territorio, selezione delle vittime sacrificabili ed efficienza dei metodi esplosivi: adulti sì, adolescenti no, tritolo sì, gpl no.
È un ragionamento agghiacciante, di cui nessuno sul momento pare notare l’assurdità.
La stampa ufficiale, come di consueto, si lascia prendere dalla sindrome di Michele Misseri: le immagini della giovane vittima vengono saccheggiate da Facebook e sbattute in prima pagina, insieme a sogni, aspirazioni e pensieri di una vita annientata. La tv del dolore e della retorica raggiunge l’orgasmo mediatico persino senza i plastici di Bruno Vespa. Oggi, sui principali quotidiani, la descrizione morbosa delle vittime occupa più spazio della ricostruzione dell’attentato e delle opinioni sulla sua matrice.
Col passare delle ore, prende però corpo la pista del gesto isolato, del folle mitomane: lo squilibrato sarebbe stato ripreso dalle telecamere e avrebbe ormai un volto, anche se non ancora un nome. Seguono sospiri di sollievo, quasi che l’ipotesi del folle accantonasse in sé le piste eversivo-mafiose e tutto fosse tornato alla normalità. Walter Veltroni non esclude il delitto passionale, anche se poi si lascia scappare che a suo parere c’entra la mafia. Non sappiamo nulla e agiamo come se già sapessimo tutto: i magistrati antimafia avanzano ipotesi caute dopo il probabile oblio del movente mafioso, il procuratore della Repubblica di Brindisi lascia intendere che il caso si è ben avviato alla soluzione.
Nel frattempo il colpo di scena: la calamità naturale del terremoto in Emilia si sovrappone alla calamità innaturale dell’attentato brindisino, determinando una sorta di oscuramento parziale dell’evento meno recente, dei ballottaggi in corso e del dibattito politico sulla riorganizzazione della criminalità mafiosa e di quella terroristica. I media, in versione Bela Lugosi, calano sulle macerie dei disastri di giornata, delle nuove vittime della guerra che il territorio ci ha mosso: vittime che non saranno risarcite della perdita della casa e forse ancora non lo sanno. I volti terrorizzati degli sfollati si sostituiscono alle immagini strazianti di zaini e quaderni bruciacchiati, in uno sviamento collettivo di attenzione quasi provvidenziale.
L’impressione è terribile. I media hanno creato la realtà, l’hanno disfatta e l’hanno ricreata a loro piacimento. I morti di ieri, non ancora sepolti, sono stati soppiantati da quelli di oggi. Come ha scritto il Simplicissimus, il vuoto – della politica, delle ipotesi, delle ricostruzioni – è stato sostituito dagli incubi peggiori. Un pazzo può essere un modo formidabile per portare avanti la strategia della tensione: l’idea del gesto isolato non convince, non conforta, non solleva.
Resta un unico pensiero positivo: la reazione corale della gente al di fuori della politica, dei media, degli schieramenti. Resta l’insofferenza per la conta dei morti, per le stragi senza nome, senza mandante, senza movente. Resta la paura per ciò che intuiamo ma non sappiamo, per le connivenze occulte che non conosciamo ma non sopportiamo più. Il corvo di Edgar Allan Poe direbbe “nevermore”.