Magazine Cultura
La terza serata della rassegna “Oltre la Musica”, si è svolta il 27 gennaio nel Teatro di Città di Cairo Montenotte. Di scena due “entità musicali” molto diverse tra loro, sia dal punto di vista dello stile che da quello dell’esperienza. I Delirium non hanno bisogno di molte sottolineature. Anche chi non si occupa di musica in modo costante conserva nel proprio patrimonio personale alcuni loro brani che hanno fatto la storia della musica italiana, dal “Canto di Osanna” a “Jesahel”. I Tin Pan Alley hot jazz trio, sono invece giovani musicisti torinesi che si presentano in formazione acustica: ukulele, violino e canto, con supporto di mandolino, kazoo e strumentini vari. La freschezza della proposta risiede nella rivisitazione di musica antica, incentrata sul periodo che va dagli anni 20 ai 40, con le eccezioni del caso. La sintesi della serata potrebbe essere… “gran bel concerto… cornice inadeguata”. Il 17 dicembre, prima giornata della rassegna, mi ero soffermato sul significato del titolo, quel “Oltre la Musica” che racchiude in se il vero significato di evento live, situazione in cui l’atmosfera magica che spesso si crea spontaneamente ha poco a che vedere con la tecnica in gioco, ma è frutto di una sorta di “ping pong” tra palco e audience, poli che si fondono e si autoalimentano dando luogo ad un attimo che rimarrà per sempre. Vedere un pubblico inadeguato, numericamente parlando, è fatto per me triste/inspiegabile, e avere un ruolo di co-organizzatore mi spinge a pensare a quali errori possano essere stati fatti. Rimando ad altro momento la mia amara riflessione, ed evidenzio che le cento persone presenti si sono dimostrate… “calde” e in linea con la portata della serata. I Tin Pan Alley sono spettacolari anche dal punto di vista teatrale, e la miscela di musica, abbigliamento e ambientazione (palco e luci da sogno) ha coinvolto i presenti, sicuramente impreparati a ciò che si stava materializzando on stage. Una quarantina di minuti in cui ci si è ritrovati nei film americani a cui eravamo abituati da bambini, con un'unica concessione alla ” modernità” beatlesiana con “Honey Pie”. E poi “Dream a Little Dream” di Mama Cass e “Ma Pippo non lo sa”, conosciuta in mille versioni, da Natalino Otto a Rita Pavone. Nomi d’arte per questo trio fatto da “ La Terribile” alla voce- e danza-, “ El Bastardo” all’ukulele e voce e “Tony Timone” al violino e mandolino. Una bella sorpresa e un deciso e incoraggiante riconoscimento da parte dei presenti.
E poi i Delirium , tra passato remoto e presente, tra pop e prog. Due i membri originali Pino Di Santo alla batteria ed Ettore Vigo alle tatiere. Un Martin Grice ai fiati, col gruppo da oltre trent’anni, è da considerarsi alla stregua dei fondatori. E poi i più giovani Fabio Ghighini al basso e Roberto Solinas alla chitarra. La band ha presentato i brani significativi del loro repertorio, dagli inizi all’ultimo album del 2008. Qualche cover di qualità con un omaggio a Ivan Graziani- “Monna Lisa”- e un bis dedicato ai Beatles e a Joe Cocker, quella “With a little help from my friends” che mette sempre i brividi nella versione woodstockiana. Qualche gag a metà spettacolo ha contribuito a rendere l’ambiente familiare e a divertire il pubblico, ogni volta che l’anglogenovese Grice veniva messo alla berlina per il suo modo di parlare. Un pugno di artisti che riescono a sorprendere anche in condizioni ambientali non troppo… felici, ma forse è proprio questa la differenza tra professionisti e dilettanti. A fine concerto largo spazio a foto e autografi. Da segnalare un premio fedeltà, una citazione e la consegna della maglia “Delirium” da parte di Pino Di Santo ad un fan di Cantù che segue ovunque la band. E ora aspettiamo con ansia il prossimo evento!
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