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Dell'attesa

Da Eloisa @EloisaMassola
C'è qualcosa di sospeso, nell'aria rigida di questo gennaio. Nelle nebbie (bianche, pesanti: ci afferranno in una presa di morte, per poi lasciarci andare dalla notte alla mattina, come accade nei sogni peggiori), nella brina sui campi, in quella pioggerella leggera che infradicia la terra e i muri delle case.
Qui, al nord, fa molto freddo. Ma è un freddo diverso da quello dei mesi passati, quando davvero la campagna e i boschi erano distanti, ghermiti dal sonno.
Adesso c'è questa sensazione di attesa, di una piccola febbrile attività che riprende.
Osservo i giacinti, nella mia serra: per mesi sono rimasti fermi e ora, ad un tratto, hanno cominciato a crescere - di un verde sfacciato contro il grigio del cortile umido e del cielo uggioso.
I prossimi saranno i crocus, che finora hanno dormito sotto la terra dell'aiuola: appena tornerà qualche raggio di sole e la temperatura si alzerà di qualche grado, inizieremo a vederli spuntare, intimiditi, ma tenaci.
Sono segni.
Io credo molto nei segni: ne vado alla ricerca, consapevole della loro importanza.
Quanti di noi, oggi, si soffermano ancora a raccogliere i segnali che la natura invia? Eppure, per quanto piccoli, sono inequivocabili.
Penso alla mia dendrobium nobile, che si è mantenuta in bocciolo per tutto l'inverno (tanto che Cristiano amava scherzare sulla sua indolenza: «Ce la farà a fiorire per il prossimo inverno?») e solo a inizio gennaio ha deciso di aprire i suoi fiori. Eppure la temperatura, in casa, è all'incirca sempre la stessa...
Dell'attesa
E poi c'è quest'ansia, di tornare a camminare, di andare per boschi. Ne parliamo già da qualche giorno, con Antonio e Mara e domenica, forse, riusciremo a tornare alla Partecipanza.
«Dobbiamo muoverci. Altrimenti quest'estate in montagna... vedrete che mal di gambe!» ci diciamo, ironizzando sulle nostre fatiche future.
Ma non si tratta solo di questo. Non è semplice e mero esercizio. E', piuttosto, questa irrequietezza sottile, che ci fa desiderare di uscire di casa - per quanto freddo faccia e il terreno possa essere poco agevole.
Tornare a camminare, a respirare l'aria dei boschi, degli spazi aperti.
Questo conta, questo ci fa sopportare gli aspetti più amari della nostra esistenza quotidiana.
Ecco perché la natura, questa necessità (bisogno!) di raccogliere i segni, collezionarli, rivisitarli nella mente traendo da essi energia, forza, conforto.
Opporre alle miserie della nostra società contemporanea la meraviglia assoluta di questo risveglio in sordina; nel mondo chiassoso di oggi, questa frenetica attività silenziosa.
E' imperativo, necessario. Oltre che bellissimo.

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