Notizie Sicilia: un mandato di arresto è stato emesso per Marcello Dell’Utri dalla terza sezione della Corte d’appello di Palermo, ma non è stato eseguito perché gli agenti della Squadra mobile di Milano non lo hanno trovato. L’ex senatore del Popolo delle Libertà è stato condannato in appello a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa che è oggettivamente e soggettivamente configurabile.
Già l’11 dicembre del 2004, l’ex numero uno di Publitalia era stato condannato in primo grado a nove anni. Successivamente, il 29 giugno del 2010, in appello, la pena era stata ridotta a sette anni. Ma il 9 marzo del 2012, la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio quella sentenza con riferimento al periodo in cui l’ex senatore Dell’Utri – dal 1977 al 1982 – aveva temporaneamente interrotto la sua collaborazione con Berlusconi; poi, il 25 marzo del 2013 la Corte d’appello di Palermo aveva confermato la condanna a sette anni. Nel maggio dello stesso anno, vari esponenti del centro-destra chiesero ripetutamente una pseudo riforma, che nel concreto era un quasi azzeramento, del concorso esterno in associazione mafiosa che sembrava proprio calzare a pennello per risolvere i problemi dell’ex amico personale del Cavaliere; la proposta fu subito abortita.
Nelle motivazioni della condanna si sottolinea il ruolo di mediatore contrattuale per un patto fra la mafia e l’ex premier Silvio Berlusconi; in questo contesto, tra il 1974 e il 1992, Dell’Utri non si è mai sottratto al ruolo di intermedio anello di congiunzione
Dopo lo scandalo ‘Mani pulite’, Cosa Nostra dirottò la sua influenza politica su Forza Italia – che era appena nata – garantendole una ingente quantità di voti.
Nell’ultima sua intervista con dei giornalisti francesi, il 21 maggio del 1992, Paolo Borsellino( guarda qui ) parla delle indagini su Berlusconi e del suo interesse per l’inchiesta su ‘mafia e appalti’ dei Ros: “E’ normale il fatto che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerca gli strumenti per potere questo denaro impiegare [...] quindi non meraviglia affatto che, a un certo punto della sua storia, Cosa Nostra si è trovata in contatto con questi ambienti industriali”.
Marcello Dell’Utri – che non era un semplice alleato di Cosa Nostra, ossia un politico che aveva stretto un patto con l’organizzazione criminale, ma un vero e proprio ambasciatore di Cosa Nostra dentro il mondo della finanza, dell’economia e della politica – attualmente risulta irreperibile e potrebbe trovarsi all’estero, in Guinea Bissau, in Libano o in Repubblica Dominicana. In quest’ultimo Paese si era già prontamente rifugiato due anni fa, in circostanze analoghe, quando la Cassazione doveva decidere la sua sorte.
In un primo momento, la Procura generale aveva chiesto il divieto di espatrio che era, però, stato rigettato dalla Corte d’appello. A questo punto, la Procura generale ha impugnato il rigetto del divieto di espatrio e ha chiesto una misura cautelare in carcere. Il provvedimento è stato subito emesso, ma non è stato eseguito perché l’imputato era già scomparso.
Dunque, da ieri mattina, Marcello Dell’Utri è ufficialmente latitante.
Tenendo conto di alcune intercettazioni telefoniche, i magistrati sono convinti che Dell’Utri si trovi in Libano.
Alle 15.40 di ieri, tramite il suo legale, l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi ha recapitato una nota in cui sostiene: “Tengo a precisare che non intendo sottrarmi al risultato processuale della prossima sentenza della Corte di Cassazione; e che trovandomi in condizioni di salute precaria – per cui, tra l’altro, ho subito qualche settimana fa un intervento di angioplastica – sto effettuando ulteriori esami e controlli”, sarà un caso che però l’ex senatore abbia omesso dove si trova?
Il quadro che viene fuori è quello di una realtà sconvolgente e torbida che mina alle radici la qualità della nostra democrazia, la quale rischia di diventare eccessivamente pallida se si continuerà con la coazione a ripetere del considerare pezzi nevralgici della nostra storia come non abbastanza significativi o rilevanti, nascondendo e minimizzando.
Non si può credere a chi sostiene che Dell’Utri è un perseguitato politico da parte della magistratura; e le ‘toghe rosse’ sono solo una invenzione per distogliere l’attenzione dalla sostanza delle accuse!