Insomma finisce che la figlia della libraia, con il top del top dell’editoria dell’infanzia a sua disposizione attraversando la fase adolescenziale acuta alla bella età di tre anni disprezzi, senza molta cura di mascherarlo, i santi testi della letteratura, le belle illustrazioni, i dolci racconti per preferire Le principesse disenyane, buon esempio di velinismo ante litteram. Brandendo la stella gemmata di Ariel, la corona di Aurora chiede e ordina che le vengano letti orsù le storie d’amore delle suddette e sbava per ogni principe salvante. Evvabbene la mia etica di libraia mi impone di leggere , rileggere e imparare a memoria i perché e i percome la bella Aurora si sia punta il dito o Bella abbia amato la Bestia, etc.
Credo per dirla tutta che sia un dovere costituzionale che i bambini abbiano le storie che vogliono, che venga data loro pure la possibilità di scelta di un buon libro e una bella storia e che abbiano diritto di selezione.
Benché mi sia anche fatta una ragione che la gnoma da grande voglia farsi bella e principesca e che abbia in conto di incontrare un baldo giovane, coraggioso e gentile (e qui davvero si entra nella fiaba) non mi faccio ragione di due argomenti che mi pungolano la coscienza di libraia e di madre.
1) Le storie del signor Disney sono davvero molto lontane da quelle originali. Quelle originali avevano tutto il fascino del mistero e dell’avventura che lo stereotipo americano ha in se perso.
2) Ultimamente girano non poche storie sulla triste avventura di giovani donne in contesti di potere e solitudine che mi lasciano un grande senso di vuoto e miseria.
Avendo come obiettivo formativo che la pupa che alberga della mia casa oltre ad essere coraggiosa e brava sia anche onesta e rispettosa del suo corpo, come tempio di bellezza umana e non come strumento di scempio altrui mi domando cosa possa io e con quali strumenti. E mi domando se a volte il velinismo non inizi proprio da certe storie raccontate quando le figlie sono piccole: la bellezza delle protagoniste come elemento imprescindibile, l’uomo sempre di ceto superiore che eleva in nobiltà la donna, il matrimonio come elemento ultimo di emancipazione, i gioielli e la ricchezza come contorno quasi indispensabile ad una vita di felicità. Perché se la domanda è “ Se non ora quando?”, allora mi faccio coinvolgere in maniera più profonda e sensata.
Tuttavia, potrei dirmi quasi che le principesse hanno alti ideali di giustizia e amore, mentre le donne che oggi si rendono oggetti (senza voler qui approfondire entro quali limiti) per una busta di denaro danno in fondo idea di una sconfitta tutta al femminile, un’apatia verso il domani, tanto scarso di promesse. L’amore per se stesse e per l’altro non solo non esiste ma viene recalcitrato indietro come fosse demodè, come un ingombro a cui non conviene dare l’anima.
Le storie che leggiamo ai nostri figli sono piene di donne che al colmo della bellezza, ma non prive di intelligenza, che combattono per il proprio futuro, per avere una possibilità e lo fanno con sincera onestà, con sagacia e spesso con pochi mezzi se non la magia che il mondo a volte ci concede.
Mi domando se quello che hanno tolto a molte di noi è la possibilità e la voglia di un futuro, fatto sì di rughe e seni cadenti ma anche di dignità e rispetto per la propria intima sensualità e la propria vita. Mi domando se ci hanno tolto davvero il lieto fine, la variante, l’avventura e ci abbiamo lasciato solo vecchi ammuffiti, qualche soldo da spendere in stivali di marca, un abbonamento in palestra e il senso vuoto dell’esistenza.
allegati:
- il promo della manifestazione di domenica
- il documentario “il corpo delle donne”
foto: Flickr