di Michele Marsonet. Attenti alla disinformazione! Ecco un piccolo slogan da un lato assai utile per non credere ciecamente alle tante notizie eclatanti di politica estera che i giornali pubblicano ogni giorno, e inutile dall’altro rammentando che disinformare è uno dei compiti essenziali di tutti i servizi segreti. Lo spunto per questa breve riflessione mi giunge dalla gran mole di articoli cartacei e online che sono stati dedicati alla morte (dicembre 2013) di Jang Song-thaek, ex numero due della gerarchia nordcoreana, nonché zio del giovane dittatore Kim Jong-un. Gli intrecci dinastici – come spesso accade nei regimi comunisti – qui sono molto stretti. Lo scomparso era infatti cognato del padre dell’attuale leader, Kim Jong-il, e marito della sorella di Kim Il-sung, fondatore della Repubblica Democratica Popolare di Corea.
Già la notizia del suo arresto, avvenuto in pubblico durante una seduta del Politburo del Partito comunista locale, suscitò un notevole scalpore. Gli strettissimi legami di parentela avrebbero dovuto, in teoria, garantire lo zio dalle ire del nipote, anche se la storia, e non solo quella contemporanea, è ricca di faide familiari.
Ovviamente ciò che stupisce è la presunta modalità dell’esecuzione. Jang Song-thaek, in compagnia di alcuni collaboratori, sarebbe stato gettato tra un branco di cani tenuti a digiuno per tre giorni. Sbranato vivo, quindi, per espiare le sue colpe e dare un esempio atto a scoraggiare qualsiasi ipotesi di ribellione.
Due le domande principali che si pongono. In primo luogo: di quale colpa si trattava? In questo caso la risposta è pronta. Lo zio avrebbe reso grandi favori economici alla Cina e cospirato con Pechino per indebolire, o addirittura rovesciare, Kim Jong-un.
La seconda domanda è: sarà vero che l’ex numero due di Pyongyang è morto sbranato da un branco di cani famelici? E qui la risposta non è affatto pronta in assenza di conferme ufficiali. La notizia è filtrata in Occidente grazie a fonti cinesi, in particolare il quotidiano “Wen Wei Po”, stampato a Hong Kong ma vicinissimo al governo di Pechino tanto da essere ritenuto un suo megafono.
I conti allora tornerebbero poiché, come è stato notato a più riprese, la Cina si è stancata di un alleato scomodo che crea spesso tensioni nell’area. Secondo tale interpretazione starebbe quindi “ripensando” i suoi rapporti con la Corea del Nord prendendone le distanze. E’ tuttavia opportuno notare che i cinesi sono stati, almeno finora, gli unici alleati di Pyongyang.
La disinformazione entra in gioco ove si rammenti il ruolo svolto dai servizi segreti di molti Paesi nella diffusione di efferatezze utili a influenzare l’opinione pubblica mondiale. La lista è lunghissima. Mi limito a citare dapprima un episodio ormai lontano. Quando Saddam Hussein invase il Kuwait, i suoi soldati furono accusati di aver barbaramente ucciso in un ospedale dei neonati prematuri togliendoli dalle incubatrici. Era una panzana colossale, nulla di simile accadde a Kuwait City, e più tardi si apprese che la falsa notizia era stata divulgata dai servizi segreti americani. Altro episodio più noto è la provetta fasulla esibita nel 2003 da Colin Powell al Consiglio di sicurezza dell’ONU per dimostrare che l’Irak possedeva armi di distruzione di massa. Più recenti le vicende della Siria, dove le rivelazioni sull’uso unilaterale di armi chimiche da parte del solo esercito di Assad hanno quasi condotto all’intervento militare occidentale.
Nel caso di Jang Song-thaek sono ovviamente coinvolti i servizi cinesi, anche se non si può escludere, purtroppo, che la notizia sia vera. Ma, come dicevo all’inizio, in simili circostanze è consigliabile adottare una sana prudenza. I servizi segreti fanno il loro mestiere, ma non si vede perché i lettori debbano credere subito e in modo acritico a ciò che divulgano.
Featured image, Jang Song-thaek, source la Rete.