Jean Paul Sartre
di Ivana Vaccaroni. Il passato più recente, letterariamente parlando, è caratterizzato da diverse correnti di pensiero mescolatesi tra loro, unite a uno straordinario sviluppo dei mezzi di comunicazione, con una complessa globalizzazione di idee, manifestazioni culturali ed espressioni artistiche.
Il secolo scorso si era aperto con visioni totalizzanti, ideologie estremiste che coinvolgevano tutte le espressioni di valori e i sistemi politici ed economico-sociali.
Se da un lato troviamo il pensiero marxista, dall’altro si è reso evidente quello liberal-democratico. Risultano quindi contrapposte la cultura che si batte per la rivoluzione del proletariato e per l’affermazione dei valori di giustizia e di uguaglianza e quella che crede nel libero mercato, nella libertà politica e condanna i regimi totalitari.
In questo clima sono molte le novità rispetto alle tendenze di pensiero precedenti: l’Esistenzialismo di Jean Paul Sartre che spinge gli intellettuali a un impegno attivo sia nell’arte che nella realtà politico-sociale; la Scuola di Francoforte che faceva capo a Herbèrt Marcuse, aspramente critica nei confronti dei meccanismi dell’alienazione e del conformismo tipici della civiltà dei consumi; il pensiero di Marx legato in Italia alle idee di Gramsci; lo Strutturalismo, corrente filosofica che, partita da un ambito prevalentemente linguistico, è poi assurta a modello per diverse scienze umane quali la sociologia, la psicologia, l’antropologia, l’epistemologia e anche la psicanalisi. Esso si prefiggeva inoltre l’unificazione del sapere umano partendo dal concetto che alla base dei fenomeni socio-culturali vi fossero strutture e schemi fissi che permettevano di cogliere regole e relazioni oggettive tra gli elementi di tali fenomeni.
Tutti questi movimenti di pensiero contribuirono alla contestazione esplosa alla metà degli anni Sessanta, contestazione che ebbe come protagonisti studenti, operai, ma anche intellettuali; in Italia essa portò a un notevole cambiamento nelle abitudini, nei modi di pensare e nella struttura della società che usufruisce di maggiore disponibilità dei beni di consumo e dei mezzi di comunicazione divenendo società di massa.
Anche la lingua cambia, le persone si muovono con maggiore facilità attraversando tutta la penisola: ne consegue un livello medio dell’italiano sia parlato che scritto, con l’abbandono graduale del dialetto regionale e con la riduzione della distanza fra lingua d’uso e lingua letteraria.
Ciò porta a mescolare generi diversi e opere decisamente differenti fra loro: testi classici e d’intrattenimento, libri di fantascienza e polizieschi.
Gli scrittori non sono esclusivamente letterati, ma provengono anche dal mondo della comunicazione, come gli insegnanti o i giornalisti, gli sceneggiatori o i redattori di case editrici: ciò significa che il ruolo tipico dello scrittore deve fare i conti con le nuove forme di comunicazione di massa. Ne nasce una mediazione tra la libertà di critica e l’asservimento a operazioni commerciali.
Il rapporto della cultura letteraria con le varie ideologie politiche subisce quindi diverse fasi: nel primo ventennio del periodo preso in esame c’è una evidente influenza della sinistra, mentre è proprio il Sessantotto a rivendicare una letteratura rivoluzionaria in lotta con i valori dominanti.
Successivamente si assistette a una notevole crisi delle ideologie e a un evidente distacco rispetto alla prospettiva politica.
Oggi chi fa e vuol diffondere cultura si serve dei giornali, della televisione ma soprattutto di internet, affrontando temi più legati al costume o a problemi di carattere etico o morale.
La narrativa neorealista
Il movimento artistico che espresse le tendenze dell’immediato dopoguerra fino alla metà degli anni Cinquanta fu il Neorealismo, che diede voce a testimonianze e racconti dell’esperienza bellica, della resistenza, dei campi di concentramento e dell’emarginazione di un intero popolo.
Molti scrittori volevano dare sfogo alla loro insoddisfazione dovuta alle imposizioni del regime, alla retorica imperante che costringeva a celebrazioni esagerate e trionfalistiche. Ne nacque così un filone che interessò sia la letteratura che le arti figurative.
Nel cinema i film come Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, Ladri di biciclette (1948) di Vittorio de Sica, La terra trema (1948) di Luchino Visconti furono considerati innovativi per le tecniche adottate e i temi trattati e suscitarono notevole interesse anche all’estero.
Riprendendo il filone naturalista francese prima e verista italiano poi, il Neorealismo rese protagonista la classe sociale di livello più basso come pescatori, operai, disoccupati, evidenziando il loro “male di vivere”, la loro dignitosa, estrema povertà.
Ciò che però rese originale tale movimento fu la fiducia in un progresso non lontano, in un futuro positivo per le nuove generazioni: tutto questo era affidato a registi e scrittori che avevano la funzione sociale e morale di ribellarsi e denunciare oppressioni conquistando le persone con la speranza di un futuro migliore.
I maestri della corrente letteraria in prosa furono considerati Vittorini e Pavese i quali, pur rifacendosi alla letteratura americana, ben interpretarono il desiderio di rinnovamento di quell’epoca. Essi rifiutarono la prosa d’arte e il bello scrivere, negarono la validità della scrittura in qualità di espressione del linguaggio parlato, asservito ai termini dialettali o gergali. Le modalità di espressione furono quelle narrative e descrittive, meno quelle liriche.
I poeti come Sandro Penna, Franco Fortini, Mario Luzi e Pier Paolo Pasolini si orientarono verso un nuovo modo di comunicare, lontano dall’esperienza dell’Ermetismo: l’opera di ricostruzione, le difficoltà della vita di tutti i giorni, l’affacciarsi dell’uomo comune quale protagonista della storia crearono negli scrittori la necessità di rivolgersi ai lettori con un linguaggio semplice, chiaro, mescolando quello letterario con espressioni tratte dall’uso quotidiano.