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Della filosofia e della religione – parole, parole, soltanto parole. un saggio breve di….

Creato il 19 febbraio 2016 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
filosofia2Massimo Pittau. (continua dal capitolo IV) Fatta questa precisazione e riprendendo il mio discorso sui “professori di filosofia” che ho avuto modo di conoscere nella mia lunga carriera di docente dei Licei e dell’Università, dico di essere del tutto convinto che il “cancro mortale” dei professori di filosofia consista nel loro esclusivo limitarsi alla sola analisi e argomentazione intorno alle “parole”, nel caratterizzarsi del loro parlare e ragionare in maniera prevalente se non esclusiva come “verbalismoe niente più.

Questo fatto in verità è stato indicato e denunziato parecchie volte in differenti periodi storici da parte di pensatori o filosofi autentici ed accorti.

La prima denunzia e condanna del “verbalismo” dei filosofi si è avuta già in Grecia, nel periodo dell’esplodere del pensiero greco. La continua e dura polemica condotta da Socrate, da Platone e da Aristotele contro i Sofisti aveva in effetti questo esatto significato: Socrate, Platone e Aristotele combattevano i Sofisti in quanto li constatavano nient’altro che “parolai”, nient’altro che spacciatori di parole vuote e, insomma, come “venditori di fumo”.

In seguito questa denunzia e condanna si è avuta con notevole consapevolezza critica nell’Università medioevale, quando si discusse ampiamente e a lungo il cosiddetto “problema degli universali”. Che consisteva in questo: i cosiddetti “universali” (universalia), quali «uomo», «animale», «cane», «albero», «casa», ecc., sono res, cioè autentiche “realtà” oppure sono soltanto ed esclusivamente nomina, cioè “nomi” o “parole”?

È cosa nota che una parte dei filosofi medioevali sostenne per l’appunto la tesi che gli universalia non sono altro che nomina, non sono altro che parole, semplici flatus vocis o «soffi di voce», ai quali nulla corrisponde nella realtà effettiva. Nella realtà effettiva non esiste l’«uomo», ma esistono solamente i singoli individui umani chiamati Pietro, Giacomo, Giovanni, ecc.; non esiste il «cane», ma esistono solamente i singoli cani, chiamati Argo, Diana, Fido, ecc.; non esiste l’«animale», ma esistono solamente i singoli cavalli o buoi o uccelli o pesci. ecc.

Ecco, il dramma di moltissimi “professori di filosofia” consiste nel fatto che essi si illudono di discutere e argomentare su fatti reali, mentre in effetti trattano e discettano quasi esclusivamente sui nomina, sulle parole. Ed a questi nomina o parole da loro adoperate quasi sempre non corrisponde nulla nella realtà, né in quella concreta né in quella mentale.

A questi nomina o parole di tanti professori di filosofia molto spesso non corrispondono altrettanti fatti, ma molto spesso non corrispondono neppure altrettante idee. Certamente le parole in generale sono cariche di altrettante idee, ma molto spesso sono anche del tutto vuote di idee. Si tratta di parole del tutto prive di senso o di significato, riducendosi a essere appunto parole e soltanto parole, solamente flatus vocis.

Lo ripeto e insisto: il dramma del parlare e dell’argomentare di molti professori di filosofia consiste nel fatto che la filosofia finisce nelle loro mani con l’essere nient’altro che “lo sfoggio di parole vuote”, “il trionfo di parole buttate al vento”, il “campo di vocaboli privi di senso o di significato”.

Perfino il senso comune degli uomini normali ha colto e bollato questo modo di essere e di operare di molti professori di filosofia, quando ha creato e messo in circolazione il vocabolo carico di una notazione fortemente negativa e anche ironica di “filosofastro”.

D’altronde si può anche facilmente constatare che in generale i professori di filosofia non sono granché stimati neppure dai loro colleghi docenti di altre discipline, fra i quali è corrente la definizione dei “filosofi”, come di «Quelli che se la pensano addosso». Pure nelle ormai numerose trasmissioni di dibattiti che dominano nelle varie televisioni, fanno da protagonisti i politici, i giuristi e gli economisti, mentre quasi mai sono presenti anche i professori di filosofia; e questo avviene perché, nelle rarissime volte in cui essi sono presenti, molto spesso fanno sfoggio solamente di un linguaggio intricato, farraginoso e soprattutto ermetico, di un linguaggio fatto solamente di “parole”. Gli unici filosofi che partecipano con capacità e autorevolezza a quelle trasmissioni sono i cultori della «filosofia del diritto» e ciò avviene per effetto e in virtù del fatto che questa disciplina è per sua natura fortemente agganciata alla realtà sociale e alla concretezza delle leggi dei vari Stati nazionali.

A proposito del citato ermetismo linguistico di molti professori di filosofia, mi sono da tempo convinto che esso è molto spesso nient’altro che una “cortina fumogena” che mira e serve a nascondere nient’altro che una sostanziale vuotaggine di pensiero e di idee. (Però ho sempre pure constatato che, quando qualche professore di filosofia chiedeva a noi allievi «Forse non sono stato chiaro?», immancabilmente la maggioranza di questi rispondeva «Ma sì, è stato del tutto chiaro!»).

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