Continuerò a non farlo e sazierò il mio desiderio di appiccicare qualcosa qui postando il punto di vista di uno degli autori de L'Internazionale di questa settimana, tale Christian Caujolle. Nel frattempo l'attesa è per la fine di un altro regime, a noi ben più vicino. Sarà, si spera!, ben meno cruenta, ma certo non meno "mediatica" a giudicare dalle foto del premier con lo sguardo corrucciato e le mani nei (pochi) capelli, che già in queste ore si moltiplicano sui siti dei maggiori quotidiani italiani.Vero o falsoChristian CaujolleAncora una volta la morte di un dittatore è stata accompagnata da una polemica sulle immagini, aggravata dalla confusione ormai permanente sull’uso delle immagini digitali. Tutto sembrava portare a questo. La lunga caccia all’uomo, le notizie contraddittorie, il fatto che la prima immagine disponibile è stata quella scattata da un cellulare.E allora la prima reazione è stata contestare l’autenticità del documento. L’immagine ormai non è più una prova. Bisognerà aspettarne delle altre, comprese quelle in cui la salma, ormai ridotta a carne morta, è esposta in una camera ardente improvvisata. Bisognerà aspettare che i libici facciano la coda per andare a constatare di persona la presenza del corpo. Un bisogno di toccare con mano in un processo che, in qualche modo, ricorda quello delle scene bibliche del dubbio fondamentale.La necessità di mettere insieme un fascicolo intero di prove concordanti. Dopo la falsa immagine di Bin Laden morto, poi smascherata, oggi c’è la vera falsa immagine di Gheddafi, riconosciuta poi come autentica. E comunque su tutte le immagini, a prescindere dal fatto che dimostrino qualcosa, incombe il sospetto della manipolazione. Tutti sanno che oggi è molto più facile ritoccare le immagini di quando fu diffusa la celebre fotografia del cadavere di Che Guevara in Bolivia. Anche quella era una messa in scena. Meno cruenta. Ma erano altri tempi.Internazionale, numero 921, 28 ottobre 2011




