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“della piccola utopia” Jorie Graham

Da Lielarousse

disegno ponyo e suske

guardo pesciolini,
migliaia,
sciamare,
ognuno un minuscolo muscolo,
ma anche, senza poter creare corrente,
fare del loro unisono (girando,
ripiegandosi,
entrando e uscendo dal loro unisono all’unisono)
fare di se stessi una corrente visiva,
che non può trasportare o smuovere d’un
attimo la spirale dell’acqua che scende e che sale,
la scia delle barche che ciclica infine ribatte sulla banchina,
là dove incontrar la resistenza più profonda,
acqua che sembra squarciarsi
(ha questi strati), una corrente vera benché per lo più
invisibile che manda nel visibile (pesciolini) uno sfrecciare
veloce che impone il cambiamento –
è questa la libertà. Questa è la forza della fede.
Nessuno ottiene ciò che vuole.
Non sarà mai più lo stesso.
Il desiderio è essere puro.
Quel che ottiene è sempre mutato. Sempre più
ogni minuto iridescente, da cui permea l’infinito,
e la dismemoria, certo, il riverbero di qualcosa
alla deriva. Qui, mani piene di sabbia,
che faccio filtrare nel vento, guardo giù e dico
prendi questo, questo ho salvato di me,
prendilo, svelto! E se ascolto
ora? Ascolta, non ho detto nulla. Era solo
qualcosa che ho fatto.
Non potevo scegliere le parole.
Sono libera d’andare.
Non posso certo tornare indietro.
Non a questo.
Mai.
E’ un fantasma posato sulle mie labbra.
Qui: mai.



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