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Della poetica del Moccio e delle Zie in gamba

Creato il 24 gennaio 2014 da Sandalialsole
Titolo criptico, ma non trovavo di meglio per riassumere il cineforum di ieri. Ecco.
Diciamolo subito: 180 minuti (179 dice la sinossi) non sono pochi. Per un film francese, molto nei canoni della filmografia francese, sono decisamente tanti.
Eppure si reggono bene, nonostante le sedie scomode del cineforum, nonostante la pesante giornata di lavoro alle spalle.
Perché il film La vita di Adele, del regista tunisino Abdellatif Kechiche, è un bel film e ha non immeritatamente vinto la Palma d'Oro a Cannes grazie anche e soprattutto alle due protagoniste Adèle Exarchopoulos, nel ruolo di Adele e Léa Seydoux in quello di Emma. Loro sono il film.
Della poetica del Moccio e delle Zie in gamba
Nonostante quel che si legge in giro, La vita di Adele non è un film sull'omosessualità. Anche se la storia di snoda lungo il rapporto d'amore delle due protagoniste. Anche se non mancano scene esplicite e indugianti tra di loro. Anche se di passione carnale si tratta.
Se vogliamo è un film che racconta un percorso di vita di una ragazza, Adele, alla scoperta di se stessa.
Una Adele quasi ingorda, e non solo di vita, quando entra in scena appena diciassettenne.
Così vitale che non si può non vedervi ritratti i nostri figli (per me che son femmine, a maggior ragione), con la loro fame, la loro goffaggine, i loro pianti, le loro risate a gola piena.
Poi c'è la scoperta della sessualità, la scelta, l'imbarazzo, la crescita, la maturazione, l'inganno, la perdita, la disperazione, l'annichilimento.
C'è la scoperta di quel che significa diventare grandi, incluse le scelte che non consentono di tornare indietro.
Ci sono tante lacrime, in questo film, soprattutto nell'ultima parte. E in un film girato tutto sui primi piani, le lacrime sono quelle che disfano i lineamenti, gonfiano gli occhi, impiastricciano la faccia di pianto e di muco.
Senza togliere un grammo alla bellezza di quei volti
Adele è meravigliosa e Léa, dopo Bastardi senza gloria e dopo quell'adorabile apparizione nella pubblicità di Prada Candy (del resto il regista in questo caso era Wes Anderson) è una conferma.
Promosso.
E cosa c'entra la zia?
C'entra c'entra.
Perché mia zia (alla soglia degli 81 anni) è un'altra assidua frequentatrice del cineforum, insieme a tre sue amiche, e questa volta era seduta dietro di noi. Alla fine del film, ho osato chiederle un parere, un po' timorosa viste le tre scene centrali non proprio pudiche.
Bello, mi ha detto, un po' lunghino ma bello. Poi, dopo una pausa studiata... Un po' scostumatelle eh!

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