Non sappiamo quale sia esattamente la diffusione delle distribuzioni GNU/Linux sui Desktop, che sia l’1% o il 5% o addirittura un’improbabile 10% poco importa, le “statistiche” fatte cosi’ lasciano il tempo che trovano. In ogni caso ci accorgiamo tutti che si tratta comunque di quote di mercato che chi vorrebbe GNU/Linux in ogni computer reputa ancora basse. Allora tutti a pensare a come diffondere il piu’ possibile GNU/Linux in generale o la distribuzione PincoPallino in particolare.
Ma la diffusione e’ proprio cosi’ importante? Certo, e’ un fine ammirabile, ma se diventa “il fine” e non “un fine“, se cioe’ gli si da troppa importanza, si finisce inevitabilmente per cadere in una trappola. Questa trappola e’ riassumibile con due frasi, la prima attribuita erroneamente a Niccolo’ Machiavelli (che non l’ha mai scritta, ma e’ utile al mio scopo), la seconda di Abraham Maslow. Le frasi sono:
- Il fine giustifica i mezzi;
- Suppongo sia allettante, se l’unico strumento che hai e’ un martello, trattare tutto come se fosse un chiodo.
Cerco di chiarire meglio il mio pensiero.
“Tipo di software di facile usabilita’. Prende l’utente per mano e, anche grazie ad una interfaccia grafica (GUI) accattivante e all’uso di menu, pulsanti, icone, mouse, lo accompagna amichevolmente alla finalizzazione del compito prefisso.”
Mi piace di piu’ la definizione di usabilita’ che da’ Wikipedia (anche se un po’ vaga):
“L’usabilita’ e’ definita dall’ISO (International Organisation for Standardisation), come l’efficacia, l’efficienza e la soddisfazione con le quali determinati utenti raggiungono determinati obiettivi in determinati contesti. In pratica definisce il grado di facilita’ e soddisfazione con cui l’interazione uomo-strumento si compie.”
Per raggiungere il fine della massima diffusione sembra inevitabile scendere a compromessi, mettere programmi nuovissimi anche se non al massimo ella stabilita’ (e della sicurezza in certi casi), mettere software proprietario, con buona pace dei valori del software libero. Il tutto perche’ l’utente deve trovarsi di fronte un sistema operativo accattivante, aggiornatissimo, facile e amichevole:
- accattivante per la grafica eccezionale, anche se affamata di risorse e non efficiente;
- aggiornatissimo con programmi e librerie sempre nuove, anche a costo di sacrificare stabilita’ e/o sicurezza;
- facile, nel senso che l’utente viene guidato dal sistema, perdendo dunque in molti casi la possibila’ di raggiungere con efficacia certi obiettivi (o addirittura l’impossibilita’ di raggiungere certi obiettivi);
- amichevole, ma quanto puo’ essere amichevole un sistema operativo che prende l’utente per mano, anzi, lo prende proprio in braccio? Un amico ti aiuta a fare le cose, non ti da ordini dicendoti quando e come farle.
Bisogna porci alcune domande. Per raggiungere la massima diffusione serve un sistema operativo che soddisfi gli utenti, che dia loro cio’ che desiderano? Ma, prima di tutto, di quali utenti stiamo parlando? La maggior parte dei/degli consumatori/utenti desiderano cio’ che pensano dovrebbero desiderare, siccome in campo informatico hanno sempre conosciuto sistemi operativi con determinate caratteristiche, pensano sia necessario che un sistema operativo abbia quelle caratteristiche. Una volta che una persona si e’ creata determinati gusti e si e’ convinta di avere determinati bisogni, e’ molto difficile cercare di farle cambiare idea, e’ molto piu’ semplice disegnare un prodotto che soddisfi quei gusti e quei bisogni. In quel caso non stiamo piu’ partendo da un prodotto per poi diffonderlo, ma stiamo creando un prodotto adatto ad essere diffuso al largo pubblico. Il che e’ leggittimo, ma non e’ cio’ che serve al software libero.
Inoltre non e’ mica vero che i sistemi operativi proprietari hanno tutte quelle caratteristiche. Non credo che Windows sia accattivante, aggiornatissimo, facile e amichevole. Dunque perche’ queste caratteristiche dovrebbero essere determinanti (indispensabili) per la diffusione delle distribuzioni GNU/Linux? E soprattutto, perche’ per ottenere queste caratteristiche GNU/Linux dovrebbe rinunciare alla stabilita’, alla sicurezza o alla liberta’ del software?
Il fine di una distribuzione GNU/Linux non e’ la sua diffusione, e’ la liberta’ del software, e a questa non si dovrebbe rinunciare, perche’ e’, e deve essere, il vero fine. Se poi in conseguenza della diffusione della consapevolezza dell’importanza del software libero e della “pericolosita’ sociale” del software proprietario si raggiunge anche la diffusione, ben venga, ma la diffusione non puo’ essere il fine che giustifica la perdita’ della liberta’.
Se non abbiamo e/o conosciamo altri strumenti al di fuori del martello, dobbiamo imparare a costruire o cercare gli strumenti che ci servono. Il tipo di marketing utilizzato dai sistemi operativi proprietari non e’ detto che sia valido anche per i sistemi operativi non proprietari. C’e’ chi ritiene che quel tipo di marketing sia indispensabile per la diffusione delle distribuzioni GNU/Linux e scrive dunque:
“When Ubuntu was conceived, the Linux ecosystem was in a sense fully formed. We had a kernel. We had GNOME and KDE. We had X and libc and GCC and all the other familiar tools. Sure they had bugs and they had shortcomings and they had roadmaps to address them. But there was something missing: sometimes it got articulated as ‘marketing’, sometimes as ‘end-user focus’.”
I cosi’ detti “successi di Ubuntu” pero’ non si discostano molto da quelli di altre distribuzioni orientate all’utente medio. L’utente che vuole un sistema che funziona, aggiornato, accattivante e facile da usare ha bisogni difficili da soddisfare a meno di scendere a compromessi. Si accorgeranno presto (ma son certo che lo sappiano da tempo), che per soddisfare il maggior numero di utenti, bisogna guardare gli utenti come consumatori, dare loro cio’ che vogliono, cio’ che il mercato ha fatto loro credere di volere. E bisogna scendere a sempre maggiori compromessi, rinunciando a gran parte dei valori del software libero.
Perche’ e’ questo che richiede il marketing utilizzato da chi produce software proprietario, utilizzando gli strumenti di promozione tipici del software proprietario. E se nel fare questo si raggiungesse la diffusione di una distribuzione pagando pero’ come costo la perdita della liberta’, lo si potra’ chiamare comunque un successo? Secondo me no.
Tutto sta’ nel cercare di capire come farlo, quali strumenti utilizzare, quali canali cercare o creare per poter raggiungere un vasto pubblico e riuscire a comunicargli l‘importanza di utilizzare software libero.
Direte: “Tutto bello, tutto teorico, ma irrealizzabile, bisogna restare con i piedi per terra“. Restate pure con i piedi per terra e il vostro martello in mano a martellare la vostra distribuzione GNU/Linux, io preferisco cercare di capire quale e’ lo strumento giusto da utilizzare.
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