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della stessa sostanza di cui è fatto il fumo delle ciminiere

Creato il 05 maggio 2014 da Francosenia

canuts

"I sindacati sono direttamente interessati a che ci sia qualcosa da rivendicare, cosa impossibile senza che il proletariato continui indefinitamente ad essere proletario, forza lavoro salariata; i sindacati rappresentano la perennità della condizione dei proletari; vendere la propria forza lavoro ai suoi acquirenti, è la condizione della loro esistenza attuale, e prepara allo stesso tempo la loro esistenza futura, poi si vedrà. Rappresentare la perennità della condizione di proletario, significa accettare e rappresentare anche la perennità del capitale." - G. Munis -

In seguito agli eventi legati alla Rivolta dei Canuts, nel 1831, gli operai tessili organizzati nel "Devoir Mutuel" si videro imporre una certa disciplina in seno alla corporazione, e coloro che sfidavano le decisioni prese si trovarono ad essere sanzionati dai propri delegati: si sviluppava una concezione della professione di tipo "sindacalista". Nel 1831, Monfalcon, membro della guardia nazionale e primo "storico" della rivolta dei canuts, scrive: "una delle conseguenze più fatali degli avvenimenti di novembre, sarà quella di aver fatto degli operai una classe politica." E continua: "Dopo gli avvenimenti di novembre (...) tutti i partiti politici si sono gettati su Lione come su una preda. Si sono occupati, con un'attività infaticabile, ad allargare e ad approfondire la grande ferita lionese, adulando gli operai per farne uno strumento per quando sarebbe arrivato il momento."
Bisogna ammettere che in quel momento, i risultati della lotta rivendicativa dei tessitori, sul piano sociale e su quello dei salari, erano stati un disastro, "I proprietari delle fabbriche (della seta, e i padroni dei negozi) vivevano, nonostante i rischi, un periodo di prosperità, e i giornali repubblicani contrapponevano tale prosperità insolente alle condizioni di vita sempre più precarie dei tessitori, malgrado gli aumenti salariali, in seguito all'aumento del prezzo della farina, della legna, ecc.." Il fatto nuovo, per i repubblicani, stava nello scoprire quelle che erano le premesse di un sindacalismo nascente, quello dei tessitori. I tessitori dovevano servire ai politici repubblicani come "cauzione sociale", solo che allora fu impossibile assoldare un "leader", dal momento che questo movimento non aveva visto emergere nessun "capo". Bisognerà attendere altri vent'anni perché questo avvenga. Nel 1848, durante la Seconda Repubblica, tutti i farabutti, orleanisti, monarchici, radicali, diventano repubblicani; i socialisti in testa, la "zuppa repubblicana" diverrà la manna benefica per una classe di consanguinei idioti, lieti di poter mischiare il loro portafoglio ministeriale a quello personale, a loro proprio beneficio. Da allora, non è cambiato molto. Solo un pugno di irriducibili rivoluzionari, i più combattivi, i più determinati, i più coscienti, avranno il coraggio e la lucidità di continuare a portare avanti la lotta di classe. Nel 1864, il movimento operaio francese, costituito essenzialmente da operai qualificati delle città, si organizza nelle camere sindacali. Fortemente influenzato dalle tesi di Proudhon, e da quelle di Blanqui, sta alla base dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, in seno alla quale Marx redige una risoluzione sui sindacati che assegna loro sia un obiettivo di lotta immediata – quello di difendere gli operai contro il capitale per mezzo dello sciopero generale - sia l'obiettivo di abolire il sistema del lavoro salariato (obiettivo poi ripreso nel 1895 dal congresso costitutivo della CGT e che, è inutile precisare, non sarà mai raggiunto). Waldeck-Rousseau, questo grande borghese liberale, farà la sua "presa di coscienza sociale" nel corso degli scioperi del 1878-1880. Per lui, e per i suoi amici, non si tratta di rimettere in discussione l'ordine e l'organizzazione del lavoro della società capitalista, con i suoi dispositivi essenziali quali il cottimo, ma si tratta piuttosto di inventare delle salvaguardie per riuscire a preservare un ordine sociale che le istituzioni padronali non sono più capaci di mantenere. Pierre Sorlin, biografo di Waldeck-Rousseau, descrive così la filosofia sociale dei repubblicani: "nel 1880, la sfida di Waldeck-Rousseau e dei suoi amici, Barberet fra gli altri, è quella di promuovere l'associazione dei lavoratori come regolatore e agente di equilibrio delle forze sociali". Anche perché, "Quando i lavoratori si uniscono, la discussione nasce più facilmente e i più ragionevoli trattengono i meno evoluti. L'operaio inquadrato insieme ai suoi compagni, si sente obbligato a prendere in considerazione le loro riserve, a causa dei loro timori si arriverà meno facilmente a quegli eccessi riprovevoli che il proletariato trae da sé stesso ..." Nasce l'Unione delle Camere sindacali di Francia, animata da Barberet. Nel 1884, la legge Waldeck-Rousseau - che non è sua, anche se porta il suo nome - autorizza la creazione dei sindacati. Nel 1895, viene creata la CGT. Nel 1906, la famosa Carta di Amiens non sarà altro che la spartizione dell'inquadramento della classe operaia. Sulla tomba di Jaurès, Jouhaux, rappresentante della CGT, rende la dichiarazione solenne per cui promette che farà della classe operaia, "dei soldati della libertà", cioè a dire della carne da cannone per la prima carneficina mondiale; per meglio servire gli interessi del capitalismo francese. Non è nei suoi scritti, ma nei fatti, che il sindacalismo si definisce: sciovinista, nazionalista, opportunista, corporativista, ed un oggettivo alleato del capitale contro l'emancipazione del proletariato. La Carta d'Amiens del 1906 non è stata altro che uno specchietto per le allodole, per meglio poter incanalare gli elementi più combattivi, ma anche più ingenui, del sindacalismo del 1906, come Pierre Monatte e Alfred Rosmer.

Giugno 1936: scioperi generali in Francia, indipendentemente da qualsiasi iniziativa sindacale. I sindacati, per bocca di Léon Jouhaux, il 15 giugno, ammettono: "il movimento si è attivato senza che nessuno sappia esattamente come e dove". A rispondergli, è Thorez, con la frase:"Bisogna saper porre termine ad uno sciopero per il quale è stata ottenuta soddisfazione". L'ordine borghese viene ristabilito.
Maggio 1968: sciopero generale in Francia, indipendentemente da qualsiasi iniziativa sindacale. Il 25 maggio, i sindacati prendono l'iniziativa di intavolare dei negoziati con il governo ed il padronato, arrivando ad un accordo che prevede l'aumento del 25% del salario minimo, l'aumento del 10% per tutti i salari e la riduzione dell'orario di lavoro, ma queste concessioni non soddisfano per niente la base operaia. Lo sciopero continua. Il 27 maggio, l'accordo viene firmato. Il 30 maggio, de Gaulle annuncia lo scioglimento dell'Assemblea nazionale, e indice nuove elezioni per quando lo sciopero generale sarà cessato. I dirigenti dei "partiti operai" adottano tale prospettiva politica delle elezioni, al fine di disinnescare politicamente lo sciopero generale e ridurlo ad una serie di scioperi parziali. Corporazione per corporazione, impresa per impresa, i dirigenti sindacali si impegnano in nuovi negoziati. Poco a poco riescono a sbriciolare lo sciopero generale, e a liquidarlo. Il 30 maggio, non ce n'è più per nessuno: Séguy e Krasucki chiamano alla ripresa del lavoro. Si può dire che il 10 giugno lo sciopero generale è finito. L'ordine borghese è ristabilito. Il resto è cronaca.


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