“Sono in eterno il mio stesso amore”
Karoline von Günderrode di Rina Brundu. Ci sono delle storie che non fanno troppo rumore, specialmente quando il rumore mediatico è già alto comunque, intorno. Eppure la storia di vita e di morte di Gloria Rosboch, la professoressa di francese di 49 anni uccisa dall’allievo 22enne di cui si era invaghita, e dai suoi complici, è a suo modo una storia esemplare, una rara storia da eroina romantica dell’età digitale quando si pensava che le “eroine romantiche” non potessero esistere più.
Si fa sicuramente fatica a credere che questa donna di mezza età, non troppo bella per quelli che sono i canoni della nostra società dell’apparenza, forse neppure troppo interessante, coinvolgente, abbia “osato” tanto fino ad immaginare un impossibile sogno d’amore con un bellimbusto di trentanni più giovane, indisponente e che a giudicare dalle sue azioni, dai suoi comportamenti, e dai suoi interessi era la personificazione stessa di un’ameba rincoglionita.
Eppure Gloria lo ha fatto, ha “osato”. Di più: ha amato e ha finanche sperato di essere riamata. Ha coltivato il suo sogno romantico con grande passione e pur di realizzarlo non ha esitato a mettere mano ai risparmi di una vita, suoi e della famiglia, per regalarli all’altra parte-di-lei. Mi riesce impossibile immaginare un amore più grande del dare tutta te stessa/o e tutto ciò che hai per “l’altro” e ad un tempo comprenderne l’inutilità di quel gesto, finanche la sua pericolosità. Vero è che nella maggior parte dei casi, e in questo più di altri, è difficile non chiedersi se sia trattato di voglia-d’amore, paura della solitudine, o mera infatuazione alla stregua della fascinazione-con-l’infatuazione che portò la poetessa tedesca Karoline von Günderrode a suicidarsi vittima del suo personalissimo quanto irrealizzabile traguardo romantico.
Di certo anche il sogno-impossibile di Gloria l’ha portata a quella morte che – forse lei lo sapeva – era in fondo il suo obiettivo-ultimo, da sempre, o almeno fin da quel momento fatidico in cui la sua anima incontrò quello sguardo-diverso comunque destinato a toglierle la pace. Dentro.
Die eine Klage
Wer die tiefste aller Wunden
Hat in Geist und Sinn empfunden
Bittrer Trennung Schmerz;
Wer geliebt was er verlohren,
Lassen muß was er erkohren,
Das geliebte Herz,Der versteht in Lust die Thränen
Und der Liebe ewig Sehnen
Eins in Zwei zu sein,
Eins im Andern sich zu finden,
Daß der Zweiheit Gränzen schwinden
Und des Daseins Pein.Wer so ganz in Herz und Sinnen
Konnt’ ein Wesen liebgewinnen
O! den tröstet’s nicht
Daß für Freuden, die verlohren,
Neue werden neu gebohren:
Jene sind’s doch nicht.Das geliebte, süße Leben,
Dieses Nehmen und dies Geben,
Wort und Sinn und Blick,
Dieses Suchen und dies Finden,
Dieses Denken und Empfinden
Giebt kein Gott zurück.Karoline von Günderrode