Roberto Dobran
DELLA STRADA
-di Roberto Dobran-
L’auto navigava sulla strada
liscia come l’olio
e sugli argini della strada
la vegetazione bruciava sotto la calura
d’agosto
come me
che indifeso nei pressi di Capodistria
proruppi in uno stato d’ansia
quando senza voltarmi indietro
mi dissi che era definitivo il passo
nel Nuovo. Nel Nuovo
nel Nuovo si ripeteva come uno slogan
martellante – dove c’è il consumo!
la libertà. Nel frattempo mio padre
preparava le botti per la vendemmia
settembrina e mia madre scuoteva
il capo sconsolata
al pensiero dell’auto che correva. Se
è vero – come è vero – che la vita
comunque continua, allora perché
quel giorno è marchiato col rosso
nel calendario. La brezza di mare
rapiva i capelli della mia donna, come
nessun altro vento e il sole di Pola
la colorava d’olive e di uva passa.
Il mondo d’Istria mi ha sempre
affascinato, con le sue genti contadine
e di città, la sua terra arsa il suo vino forte
la sua modesta acqua i suoi
idiomi e il prosciutto
stagionato. Ah, ti ricordi quell’osteria
così cara dove si discuteva fra fumi
e lumi di belle donne di politica e di
noi, che non avevamo ben chiaro
dove andare quando l’ebbrezza sarebbe
svanita. Qualcosa in quell’esistenza era
vero, era vita! Si credeva e si sentiva ciò
che si diceva
in tutte le lingue e nei gesti se non bastava.
I soli confini – ora capiamo – eravamo noi
però sapevamo attraversarli.
Ma anche quelle domande che da buon
principio ci eravamo poste, quel dubbio
che fino alla morte ci accompagnerà
e non ci darà pace non ci darà pace,
erano elucubrazioni. Incapaci siamo
di trovare la giusta misura: o di qua
o di là, come se d’un’eterna guerra
si trattasse. E le ore, i giorni i mesi
gli anni passavano come la mia auto
di passo in passo, tranne il quotidiano
tran tran. C’era bisogno, e c’è, di
qualcosa d’eroico, che non sia
frammentario, che non sia un urlo
disperato. Condizionati dalla storia,
vestiti di abiti mitologici e di paure
arcaiche, ci scostiamo ad ogni cenno
di equità. L’equilibrio non è il nostro
forte: per questo l’offesa di ieri pesa
negli occhi del domani e l’oggi
è tumultuoso assai. Di un tumulto tutto
viscerale, irrazionale
se si spera nella naturale bontà
dell’uomo. Ma
sarà il caso? Sarà il caso di prestar fede
in ciò che in cuore si porta credendo
d’essere dalla parte del giusto
in ogni caso. Giusta è la terra che dà
quello che si semina, da cui traiamo
le debite conseguenze. La linea dell’
orizzonte è sempre la stessa: inafferrabile
irraggiungibile, nonostante l’avessimo
eletta a meta. Però forse sì, forse
è lì che andremo quando suoneranno
le trombe, forse è li che troveremo
la pace agognata. Intanto
la mia auto naviga sulla strada liscia
e lontana lontana è la terra che mi ha
cresciuto, silenziosa
austera nella sua bellezza, essa è battuta
dalla bora e dal sole eterni.
(Da Esodi, AndreaOppureEditore, Roma, 2003).
____________________
Roberto Dobran, nato nel 1963, è uno scrittore ed un critico letterario.
Ha pubblicato i seguenti volumi di poesia: Implosioni (Unione italiana di Fiume e Università popolare di Trieste, 2001), Esodi (AndreaOppureEditore, Roma, 2003) e Patacca globale (Edit libri, Fiume, 2013).
____________________
Avvertenze
-Tutti i diritti, relativi ai documenti, agli articoli, alle poesie, ai racconti e alle immagini che costituiscono questo post, appartengono ai legittimi proprietari.
-Alcune fotografie sono state scaricate mediante un programma automatico di download e si ignora pertanto se siano coperte o no da un copyright; ovviamente, su richiesta degli eventuali detentori di quest’ultimo, si procederebbe subito a rimuoverle.