I dati diffusi dall’ISTAT sulla povertà in Umbria sono agghiaccianti e chiamano le sue classi dirigenti ad un’assunzione piena, consapevole e straordinaria di responsabilità. Secondo quanto riporta l’istituto nazionale di statistica, in Umbria, tra il 2010 e il 2011, l’incidenza della povertà relativa sulla popolazione è passata dal 4,9% all’8,9%: è l’aumento in percentuale più alto d’Italia e il dato 2011 è il più alto in assoluto del Centro-Nord fino al Lazio. Il dato umbro è particolarmente preoccupante a fronte della sostanziale stabilità del dato italiano (dall’11 all’11,1%) e a fronte del dato medio del Centro (6,4%). Il fatto che ci teniamo ancora sotto la media italiana non può e non deve indurci a sottovalutare la portata di un fenomeno cui hanno concorso molteplici fattori e che rischia di aggravarsi ulteriormente sotto i colpi impietosi della crisi economica ed industriale subiti dall’apparato produttivo del nostro territorio e quale esito delle politiche economiche e sociali fallimentari e recessive del governo Monti. Di fronte a questo scenario, le Istituzioni e la politica non possono far finta di niente, alla maniera degli struzzi, o, peggio, considerare il bilancio presente come un destino ineluttabile insito nella natura dei rapporti sociali e delle tendenze economiche. Serve una risposta forte, a livello regionale: noi ne abbiamo indicata una, quella della vertenza Umbria nei confronti del governo per una nuova politica industriale di difesa e di promozione del nostro sistema produttivo, per la salvaguardia del welfare, dei diritti sociali e dei servizi pubblici e per un piano di interventi a sostegno dell’occupazione. E’ noto come sia andata: hanno prevalso tatticismi politici esasperati e conservazione dell’esistente. Non si vuole aprire la vertenza nei confronti del governo? Di fronte al dilagare delle povertà, si mettano almeno in campo quelle politiche che spettano direttamente alle Istituzioni regionali e locali di agire, ma tergiversare o pensare di affrontare il fenomeno con i fondi di solidarietà e la carità sarebbe come contrastare un cannone con una colubrina. Va invece avviata nell’immediato una riflessione seria e profonda su quali interventi predisporre contro l’impoverimento e la povertà, anche riconsiderando radicalmente quanto si è fatto fin qui e si sta facendo oggi di ordinario o perfino di residuale nel settore del welfare regionale e municipale, nei servizi sociali, e nello stesso utilizzo del Fondo sociale europeo per la formazione. Siamo i primi ad essere coscienti delle difficoltà derivanti dai tagli al Fondo nazionale per le politiche sociali, ma siamo anche i primi a rilevare che l’attenzione alla questione sociale e all’organizzazione dei servizi è scemata a tutti i livelli istituzionali della nostra regione. E’ obbligatorio un cambio di passo: occorre un intervento straordinario per fronteggiare la crisi sociale, ed è necessario riconsiderare le priorità del governo regionale in primo luogo, ma anche degli Enti locali, destinando risorse vere ad interventi stabili, duraturi e non aleatori di sostegno al reddito. E’ a questo fine che Rifondazione Comunista dell’Umbria torna a proporre l’introduzione, anche in via sperimentale, del reddito sociale per i disoccupati e i precari e l’utilizzo del Fondo sociale europeo per programmi che sappiano coniugare formazione, orientamento professionale ed inclusione sociale. Lotta alla povertà e questione sociale, di fronte al loro inasprirsi, debbono costituire oggi il primo degli impegni della Giunta Regionale e di tutte le Istituzioni dell’Umbria.
Luciano Della Vecchia, Segretario Regionale Prc-FdS Umbria
nota di redazione: Nota politica da condividere al 100%, ma forse una riflessione importante per i pensionati al minimo andrebbe fatta, la vera povertà in Umbria comincia anche da li.