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Delle infinite vite di Monsieur Charles de Talleyrand

Da Nubifragi82 @nubifragi

Talleyrand-Principe-di-Benevento-1787

“Il diavolo zoppo”, “Il Camaleonte” e “Lo stregone della diplomazia”. C’è poco da fare, si abusa di soprannomi quando non si riesce a disarcionare il fantino. E Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, I Principe di Benevento, uomo buono per tutte le stagioni, non lo disarcionò nè Robespierre, nè Metternich. Nobilissimo, ricchissimo, reazionario, rivoluzionario, Bonapartista e infine restauratore e ancora rivoluzionario. Fosse stato un finanziere, questo politico con problema di zoppia  alla gamba destra sarebbe stato uno speculatore nato, uno di quelli che fiutano l’aria e vendono tutto un minuto prima del crack, lasciando gli incauti compagni di cordata arrovellarsi nell’inferno della bancarotta. Nessuno ha mai visto cadere in disgrazia tanti ex amici, nessuno è mai riuscito a cambiare tante volte il colore mantenendo invariata la lucentezza. Principe e vescovo, inizia sotto l’ancien règime la sua carriera come agente generale per il clero di Francia, una sorta di Ministero delle Finanze. Nel fatidico 1789 Talleyrand non si fa trovare impreparato. Eccolo allora trasformarsi in rivoluzionario, redigere parte della nuova costituzione e superare con il collo indenne il periodo del terrore giacobino. Tornato da missioni estere (utili più che altro a evitare la follia purificatrice di Robespierre) si infila nel successivo direttorio e ottiene un Ministero per gli affari esteri sotto l’impero Napoleonico. Furbo come nessun altro, durante quel periodo, forse odorando la futura sconfitta, inizia a crearsi, grazie al suo ministero, una fitta rete di relazioni estere. Quando la Francia cadrà, austriaci e inglesi sapranno a chi rivolgersi. Al Congresso di Vienna è protagonista assoluto: rappresentante della Francia, giocando sulle divisioni in seno alle altre potenze, ottiene condizioni favorevoli per il suo paese. Fine? Non ancora. Nel 1830 è protagonista della Rivoluzione di luglio, i moti conclusi con la cacciata di Carlo X e l’incoronazione di Luigi Filippo.

Ritiratosi poco dopo quegli eventi, terminava così da rivoluzionario la sua straordinaria carriera.

Anzi no. Al momento dell’estrema unzione, il moribondo Talleyrand dice al parroco con ormai flebile voce: “non dimentichi che sono un vescovo.” La vecchia volpe si stava già preparando il terreno per una carriera nell’aldilà.



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