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Democracy di Joan Didion

Creato il 20 ottobre 2014 da Vanessa Valentinuzzi

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Titolo: Democracy
Titolo originale: Democracy
Autore: Joan Didion
Traduttore: Rossella Bernascone
Editore: Edizioni e/o
Data di uscita: 17 settembre 2014
Genere: Romanzo
pagine: 166
prezzo: 14, 50 €

Perché mi sono innamorata di Joan Didion? Sentite qui: «La luce dell’alba durante i test nel Pacifico era qualcosa da vedere… Il cielo era di un rosa che nessun pittore avrebbe potuto riprodurre». Così si apre il quarto libro della scrittrice americana, pubblicato per la prima volta nel 1984 in America. Voglio essere sincera con le persone che stanno leggendo questo post: dopo un approccio difficile con J. D., ora non posso più fare a meno di lei. L’immagine di un cielo rosa in un mondo impazzito e crudele, è una cosa che mi commuove e che probabilmente si apprezza soprattuto quando si rilegge.
Siete avvertiti: la sensazione che vi lascerà Democracy non sarà per nulla confortante. La Didion, come tutti i Grandi Autori, parla di cose brutte & scomode, che ci fanno paura e non vorremmo accadessero mai.
Però accadono. E allora, per non impazzire, bisogna tentare di capire.
Cosa c’entra tutto questo con la democrazia evocata dal titolo? Proviamo a cercare una spiegazione.

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A raccontarci la storia è la Didion stessa in un sublime gioco letterario postmoderno di metafiction in cui la scrittrice non diventa un vero e proprio personaggio, ma è la narratrice. «Chiamatemi l’autore», afferma con echi alla letteratura classica americana (allusione al «Chiamatemi Ismaele», incipit di Moby Dick). La Didion si dichiara amica della protagonista, la super glam Inez Victor – moglie del senatore democratico Harry Victor – che intrattiene una relazione con un agente della CIA, Jack Lovett. Joan Didion dunque ci racconta di aver cominciato a ripensare a Inez e Jack nel 1975 mentre insegnava a Berkley, ma di non sapere che tipo di romanzo desideri scrivere. Ciò che leggeremo è la storia della vita sia privata sia pubblica di Inez, che come moglie di un aspirante candidato alla Presidenza degli Stati Uniti deve dedicarsi a vita mondana e raccolte fondi continue; però la donna avverte il grave peso del suo ruolo: «il prezzo più alto della vita pubblica? La memoria». Insoddisfatta della sua situazione, Inez è divisa tra suo marito – uomo cinico, infedele, freddo e ambizioso – e Jack: sensibile, avventuruoso, complesso e imprevedibile.
Ambientato tra Honolulu e il Sud-est asiatico Democracy copre un arco di tempo che va dagli anni ‘50 ai ’70, seguendo lo stile frammentato e non lineare di cui vi ho parlato in Diglielo da parte mia. Ci racconta un’America folle sullo sfondo della guerra in Vietnam, in cui le tragedie personali di Inez si intrecciano con la grande storia.  Il folle padre di Inez uccide sua sorella e un deputato democratico, Wendell Omura; Jessie, la figlia, scappa a Saigon costringendo Inez a prendere una decisione drastica riguardo al suo matrimonio e alla storia con Jack e  a riesaminare la propria coscienza.

Torniamo alla democrazia: per la Didion è una parola vacua dietro alla quale si

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nascondono corruzione e nefandezze di ogni tipo nel mondo politico. È diventato un concetto astratto sfruttato solo per ottenere il consenso pubblico, i politici che inneggiano alla democrazia adottano uno stile di vita falso in cui il reale interesse per il bene dell’umanità è assente.
Forse la soluzione (utopica? Spero di no!) è nella scelta individuale: nel credere come Inez in una coscienza globale in cui tutti cerchiamo di applicare un pensiero democratico e ci adoperiamo per aiutare chi sta peggio di noi.

Il libro ha una struttura enigmatica, complessa. Insomma per leggere la Didion bisogna impegnarsi, tenere botta e collegare bene le sinapsi, entrare nel suo modo ‘scomposto’ di vedere le cose, ma in cambio vedrete sempre meravigliosi, infiniti cieli rosa sopra questo mondo fatto di virus letali e teste tagliate che a confronto (la favolosa serie) Walking Dead è una favoletta. O forse viviamo già in una puntata di Walking Dead?


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