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Si torna al voto in Birmania. Il 7 novembre, infatti, si terranno le prime consultazioni dal 1990. Secondo la volontà della giunta militare al potere alle elezioni non potranno presentarsi: la Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi (partito che all’epoca stravinse, salvo essere poi sciolto mentre la leader pacifista fu costretta agli arresti domiciliari), tutti coloro che hanno subito una condanna politica (ovvero la stragrande maggioranza dei dissidenti), nessun candidato appartenente a ordini religiosi (quindi neppure i monaci buddisti che nel 2007 protestarono contro il regime, rivolta – ricordiamolo – repressa nel sangue). Altra regola fondamentale da seguire durante la campagna elettorale: non offendere le autorità militari. Sprazzi (si fa per dire) di democrazia, in Birmania.
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