Si racconta che in una cassetta di sicurezza di una banca svizzera sono depositati qualche milione di dollari in contanti e che, ogni anno, vengono tirati fuori, sottoposti a un trattamento di pulizia e antiparassitario per un costo di circa USD 20.000. Appartengono a un anziano ex ministro della giustizia africano che ama il cash. Li ha portati con decine di valigie diplomatiche e raccolti in un decennio di lavoro, di tangenti, liberazioni di delinquenti, protezione ai mafiosi che prendevano creste sugli aiuti ai campi profughi.
Sono una piccola parte dei 32 trilioni di dollari giacenti nei paradisi fiscali mondiali, frutto di corruzione, frodi fiscali, mazzette varie. I possessori sono politici, burocrati statali, grossi industriali, palazzinari (cioè la classe dirigente). In Nepal qualche ministro è andato in galera ma, secondo i dati del Global Financial Integrity (GFI) di Washington i flussi di denaro in uscita dal Nepal continuano e hanno superato, nell’ultimo decennio, i 10 miliardi di dollari (tanto quanto gli aiuti internazionali).
Lo stesso accade in altri paesi poveri o di nuovo sviluppo come il Bangladesh (USD 35 miliardi), Angola (USD 34 miliardi), Lesotho (USD 17 miliardi), Birmania (USD 8,5 miliardi), Zambia (6,8 miliardi) ma anche i più sfigati come l Etiopia (USD 8,3 miliardi), il Chad (USD 15,4 miliardi), la Liberia (USD 5,8 miliardi), il Laos (USD 6,2). Potrà sembrare strano, e assolutamente casuale, ma le cifre che fuggono dai paesi sono simili a quelle che arrivano per gli aiuti internazionali. In effetti, sicuramente, una parte di questi finisce nelle tasche dei politici e dei burocrati che se li portano all’estero, al sicuro. A Kathmandu è nota la storia di un funzionario del ministero dell’educazione che, con moglie e figli, volava a Hong Kong mensilmente con le valigie piene di dollaroni frutto delle tangenti sui finanziamenti internazionali al suo ministero.
I flussi illeciti di capitali (illicit financial flows -IFF) dai paesi più poveri sono passati da USd 10 miliardi nel 1990 a oltre 30 miliardi nel 2010, con una crescita annua del 6,5%, superiore alla crescita PIL di molti di questi paesi. Nel 2010 uno studio delle Nazioni Uniti ha stimato che i soldi sporchi costituiscono fra il 2 e il 5% del PIL mondiale e si perdono (facilitate dai gruppi finanziari internazionali) nelle transazioni formalmente lecite (USD 19 trilioni al giorno).
Dittatori, politici, faccendieri di tutto il mondo stanno perdendo la sicura Svizzera come sede dei loro traffici dopo gli accordi con Germania, UK, Francia per lo scambio d’informazioni e per la tassazione dei conti correnti dei cittadini di questi paesi. Gli USA hanno iniziato una campagna contro l’UBS che ha portato a un accordo (USD 780 milioni di multa) e la comunicazione di 4.500 conti bancari di cittadini americani. La nota intesa Rubik è in fase d’estensione con l’Austria e altri paesi europei fra cui l’Italia, e dovrebbe prevedere una tassazione, una tantum, dei capitali alla fonte fra il 20 e il 40% (con la garanzia dell’anonimato per i possessori) e una sul reddito del capitale del 26,4%. Si stima che per il paesi firmatari ci saranno entrate fiscali fra il 5 e i 10 miliardi di euro.
Ma questo vale per la Svizzera, integrata nell’economia europea, ma non vale per le centinaia di piccoli stati e paradisi fiscali sparsi per tutto il mondo (fra cui Città del Vaticano che ha norme meno stringenti di quelle previste dagli accordi Rubik). In voga in Nepal rimangono Hong Kong e Dubai, fra i tanti posti dove la classe dirigente dei paesi più poveri (e non solo) può piazzere il denaro derivante dalla corruzione.
Lo stesso Nepal è in bilico nel finire nella black list finanziaria, come minacciato dall’ultima riunione del Financial Action Task Force (FATF) tenuta a Parigi nel febbraio 2012. Dovrà implementare gli accordi internazionali come il Legal Assistance Bill and Extradition Treaty e rafforzare i controlli sulle istituzioni bancarie e finanziarie quali Money Laundering Investigation Department e la Financial Information Unit. Qui in Nepal, sospettano gli indiani, si riciclano i soldi delle mafie e dei terroristi afghani.
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