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Denchu kozō no boken (電柱小僧の冒険, Adventures of Electric Rod Boy)

Creato il 01 marzo 2012 da Makoto @makotoster

  Speciale Tsukamoto Shinya
La X edizione dell’Asian Film Festival di Reggio Emilia (16-24 marzo 2012) dedica la retrospettiva a Tsukamoto Shin'ya, che sarà presente al Festival e riceverà un premio alla carriera. In occasione di tale importante evento, Sonatine pubblica le schede critiche di tutti i film di Tsukamoto, che andranno a configurare uno Speciale Tsukamoto sempre consultabile online.
Denchu kozō no boken (電柱小僧の冒険, Adventures of Electric Rod Boy)Denchu kozō no boken (電柱小僧の冒険, Adventures of Electric Rod Boy). Regia,sceneggiatura, fotografia, montaggio, effetti speciali: Tsukamoto Shin’ya. Musica:Kanaoka Nobu. Interpreti:Taguchi Tomorowo, Tsukamoto Shin’ya, Fujiwara Kei, Senba Nariaki, Kanaoka Nobu,Saga Mitsuru, Nasa Kenjin. Produzione:Kaijyu Theater. Durata: 45’. Anno: 1987. Sito ufficiale del regista (in giapponese)  Lo studente Hikari, con un paloelettrico che gli spunta dalla schiena, è continuamente oggetto dello schernodei compagni di classe. Grazie ad una rudimentale macchina del tempo viene mandatonel futuro, esattamente avanti di venticinque anni, e qui scopre che il mondo ècompletamente nelle mani di un gruppo di vampiri chiamato Shinsengumi. Questihanno oscurato il pianeta con l’aiuto di una bomba, ma la coltre di nubi che impedisceal sole di penetrare si sta lentamente disperdendo mettendo in grave pericolola vita stessa dei malvagi vampiri. Il loro piano, dunque, è quello diperfezionare una nuova bomba che avrebbe effetti definitivi. In questo futurodesolato, Hikari incontra una professoressa che lo convince ad aiutarla nellasua battaglia contro i vampiri. La sua mutazione, infatti, sarà loro di grandeutilità perché grazie al lampione potrà illuminare il mondo che rischia diperdersi nelle tenebre per sempre. Per il suo primo mediometraggioTsukamoto sceglie una storia di formazione - quella di un adolescentemarginalizzato dai suoi compagni a causa del suo strano aspetto fisico - e lainserisce in un’avventura apocalittica e visionaria, tra vampiri, macchine deltempo e la sfida di salvare il mondo. Girato in sei mesi, con una macchina dapresa 8 millimetri e gli stessi attori e tecnici che lo avevano affiancato nelprecedente cortometraggio, The Phantom of Regular Size, è il primo film del regista ad aver raggiunto un certosuccesso. Il primo premio ottenuto nell’edizione del 1988 del PIA Film Festival(in giuria c’era, tra gli altri, Ōshima Nagisa) permise al film di essere vistoda un pubblico più ampio, aprendo a Tsukamoto le porte verso produzioni vere eproprie.Il film si apre con una scritta:«Il grande mondo analogico» cui seguono le immagini sgranate e visionarie di unracconto che alterna velocità e lentezza, claustrofobia e disorientamento.Prima dichiarazione d’intenti di un cinema artigianale, fatto con pochi soldi emezzi di fortuna, con oggetti che si trasformano e si rinominano nel momento incui trovano un nuovo modo di impiego. Il punto di partenza formale è quello di“lavorare” ai limiti del tempo e dello spazio, costruendo un film difantascienza che sceglie di mescolare la frammentazione tipica del manga convenature mélo, l’estetica pop tipica degli anni Ottanta con la sperimentazionevisiva più esasperata. La mancanza di mezzi è usata come elemento virtuoso diesaltazione dell’ibrido in tutte le sue forme. Non solo una bomba/macchina chetrae energia e vita da un essere umano, ma anche una macchina del tempo sgangherataperò dotata di saggezza, o un giovane goffo con un palo elettrico conficcatonella schiena, grazie al quale è destinato a salvare il mondo. In questa stessascia si procede anche sul piano del décor,dai costumi dei vampiri Shinsengumi (ilcui nome deriva da uno speciale corpo armato istituito nel Giappone dellaseconda metà dell’Ottocento a difesa dello shōgun  e contro l’imperatore), che appaiono come un’abilecontaminazione tra l’antica tradizione giapponese e il punk, agli ambienti,dove la netta contrapposizione tra esterni e interni è la stessa valida tra ilbene e il male, tra la Storia e la fine del mondo; e dove la città è diventataluogo dell’eccesso, dedalo troppo grande, troppo buio e senza forma, dailluminare con la semplicità di una lampadina.Il contrasto, dunque, è al centrodi ogni immagine e di ogni scelta (narrativa o formale che sia), e l’allucinazionedello sguardo è lo strumento necessario a tenere uniti gli opposti. Principioche coinvolge anche le musiche, molteplici e in sovrapposizione, che manipolanoa loro modo le immagini e le arricchiscono di sensi e di profondità. Il giocodelle accelerazioni e il montaggio disarticolato, che interrompe e frantuma lafluidità, trovano corrispondenza nella colonna sonora, travolta dai rumori odal silenzio. Ancora una volta classico e post-moderno convivono, anzi, inalcune occasioni sembrano trovare l’uno segni di vita nell’altro, proprio comenell’eterna lotta tra il buio e la luce. Si noti, infine, l’insolita elieve vena comica, tutta giocata sul piano della caratterizzazione deipersonaggi su cui Tsukamoto non insiste, lasciandola scivolare come nelle piùraffinate commedie. [Grazia Paganelli]

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