Deni Bianco, professione cartapestaio. A Putignano

Creato il 01 marzo 2013 da Tipitosti @cinziaficco1

Ha lasciato la facoltà di ingegneria meccanica per dedicarsi alla sua passione: costruire carri allegorici per un Carnevale che, fra i primi in Europa per durata ed età (619 anni), non è mai stato famoso come quelli di Viareggio e Venezia.

Stavolta il tipo tosto è Deni Bianco, 38 anni, nato a Putignano, una cittadina di circa 30 mila abitanti del Barese, dove risiede e lavora da scenografo cartapestaio. In sette anni di attività i suoi colorati giganti di cartapesta si sono aggiudicati sei volte il primo premio. Solo l’anno scorso il suo carro è arrivato secondo.

Per l’edizione 2013 Deni si è presentato, piazzandosi al primo posto, con un carro intitolato: “Il Casanova”.

“In genere – dichiara l’artista – i miei carri nascono osservando la realtà e, soprattutto, le sue ingiustizie. Per l’edizione dell’anno scorso ho allestito un carro, dal titolo “Finchè sorte non ci separi”, ispirato ad una storia d’amore che si spezza, perché il ragazzo deve  emigrare per trovare lavoro. E per me quella dei giovani, che devono allontanarsi dalla propria terra per un impiego, è una grande ingiustizia”.

Deni, invece, a Putignano, è rimasto. Vivendo di colla e carta. Quindi anche di Carnevale, un evento che, come dirà in questa intervista, meriterebbe, un’ organizzazione diversa ed una maggiore promozione. Oltreché un direttore artistico competente.

Deni, come ha iniziato?

Ho cominciato all’età di dodici anni. All’epoca ero un grande appassionato della manifestazione. Assomigliavo a quei bambini che, a Putignano, ancora oggi, ogni giorno costringono le loro madri a farsi accompagnare nei capannoni, dove si costruiscono i carri. Io dico che costruire carri è una fede, una malattia, che puoi condividere solo se ami molto la tua terra. Ogni anno è l’orgoglio di fare qualcosa di originale e nello stesso tempo la voglia di riscatto e denuncia, a non farmi mollare. Nonostante il lavoro sia duro. Ricordo che da piccolo ero affascinato dalle macchine gigantesche e multicolor in cartapesta. Cercavo in tutti i modi di entrare a far parte di quella che sin da allora era una vera e propria casta. La casta dei cartapestai, muti e chiusi nel loro lavoro, fino agli inizi della sfilata.

Cos’altro ricorda?

Adoravo spiare da una fessura i maestri simili a formiche volanti in immensi capannoni, strutture grigie e fredde, che con il passare dei mesi cominciavano ad animarsi grazie a pupazzoni altissimi. Tutto è cominciato quando un maestro mi chiese di aiutarlo a strappare giornali. Da allora non ho più smesso. E con quell’odore forte, unico, di colla di farina e fumi di saldatura, appiccicato ai vestiti, torno ancora oggi a casa, dopo ore di lavoro.

Perché dice che realizzare un carro è molto faticoso?

Si lavora da ottobre a febbraio per tutta la settimana, per dieci – dodici ore il giorno. Si fa notte inoltrata, quando si è vicini alla sfilata. Sembrerà strano, ma è così. Si lavora molto il pomeriggio, dopo aver finito di studiare o lavorare. Spesso fa freddissimo e si opera in luoghi sporchi con materiali che imbrattano vestiti, mani e faccia. La competizione tra i gruppi (sono sette, ognuno di 10-15 persone, ndr) è molto forte e costringe a fare sempre di più e più velocemente. Ma nessuno si lamenta di questo. Costruire un gigante dalla a alla zeta, che incanterà il corso principale della cittadina, è un privilegio. Anche per chi prepara solo la colla per mesi. In quei 120 giorni non faccio altro. Sacrifico affetti, amici, divertimento. Credo che ogni maestro cartapestaio abbia un debito aperto con i propri cari. Chi viene nei capannoni, e non deve essere per forza un esperto, lo sa.

Ne vale la pena?

Ho cominciato a lavorare nei capannoni per passione, una passione che non mi ha mai abbandonato. Oggi lo faccio per professione. Ho una partita Iva e lavoro in quest’ambito tutto l’anno. Sono l’unico maestro che ha una partita Iva e ha trasformato un hobby in un lavoro a tutti gli effetti. Questa è una mia grande soddisfazione.

Ma tanto impegno viene retribuito in modo adeguato?

Il compenso non è adeguato. Un carro allegorico a Viareggio viene ricompensato con 130mila euro, a Putignano il premio è di 27 mila euro. Una differenza spropositata. Il compenso viene elargito dalla Fondazione di Carnevale, che riceve dal Comune 450 mila euro per gestire l’evento. Una metà del compenso arriva a febbraio, il resto a giugno. I premi sono quasi uguali per tutti e sette i carri. C’è uno scarto di poche centinaia di euro. Arrivare primi è solo una questione di prestigio.

A Putignano gli anni vengono quasi scanditi dal Carnevale, che inizia il 26 dicembre. Eppure l’evento, per il quale c’è un budget di 1 milione di euro, non è mai stato famoso come quello di Viareggio o di Venezia. Quanto Comune e Fondazione si impegnano per promuovere l’evento e magari destagionalizzarlo, trasformandolo in una ricchezza per il territorio?

Credo che attualmente gli sforzi della Fondazione non riescano ad essere incisivi, perché mancano di una visione globale. Sembra non siano chiari gli obiettivi. Servirebbe un’ organizzazione che lavori tutto l’anno, con figure che abbiano specializzazioni nel campo della organizzazione di eventi e del turismo. Chi gestisce il Carnevale deve essere capace di una programmazione pluriennale. Ma forse basterebbe solo una buona programmazione. Attualmente in Fondazione non vedo passione, né giovani al comando. Fondamentale sarebbe un ricambio generazionale. E poi servirebbe un direttore artistico con le giuste competenze, capace di rimettere al centro della manifestazione lo spettatore. Venezia e Viareggio nascono in contesti diversi ed è inopportuno qualsiasi confronto.

Quanta ricchezza produce il Carnevale nel suo territorio?

Nessuno ha mai fatto calcoli. Il Carnevale da noi è una cosa che si deve fare e basta. Si comincia a lavorare alcuni mesi prima, perché i carri siano pronti in tempo. Tutto il resto sembra non avere importanza. E’ quasi una noia. A Putignano, si deve capire, ci sono ancora tantissime persone che amano l’evento e vogliono divertirsi. Ma in modo diverso.

Come è cambiato il lavoro di cartapestaio negli anni?

Oggi i ragazzi che cominciano non hanno la stessa determinazione che avevo io. Quanto mi sono sacrificato e quanto ho lottato otto anni fa per conquistare un posto nei capannoni e costruire un carro allegorico tutto mio! Non lo può immaginare.

Il prossimo Carnevale?

E’ ancora lontano. Poi va preso a piccole dosi per evitare indigestioni

Si sente un tipo tosto?

Non lo so. In otto anni abbiamo conquistato un terzo posto all’esordio, un secondo e sei primi premi. Ma forse sono tosto, perché nella vita faccio quello che avrei desiderato fare.

In futuro?

Il mio futuro è radioso. La mia professione mi riempie di soddisfazioni e mi fa conoscere persone affascinanti del cinema e del teatro. Quest’anno ho progetti che mi porteranno in Basilicata a Craco per la scenografia di un film, nel Parco del Pollino per un progetto di arredo urbano in cartapesta e nella riserva naturale di Torre Guaceto, in provincia di Brindisi, per un’iniziativa che riunisce una serie di artisti italiani ed europei. Andrò a anche a Parigi per un workshop sulla cartapesta ed a Corfù per un allestimento scenografico nel museo archeologico. Lasciare ingegneria meccanica a metà per far diventare una professione quello che era solo un divertimento, credo che sia stata una scommessa vinta.


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